LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITA’. I SINDACATI MEDICI IN AUDIZIONE ALLA CAMERA (QUOTIDIANO SANITA’)
Effetti negativi della spending review, riorganizzazione della rete ospedaliera, potenziamento dell’assistenza territoriale. Queste alcune delle questioni sollevate dai rappresentanti dei sindacati nel corso delle audizioni in Commissioni Bilancio e Affari sociali. Proposte anche diverse soluzioni.
Proseguono le audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica. Protagonisti questa mattina i rappresentanti dei sindacati medici ascoltati dalle Commissioni riunite di Bilancio e Affari sociali della Camera. Queste le sigle audite: Aaroi, Aio, Anaao Assomed, Cimo-Asmd, Cgil Medici, Cisl Medici, Fimmg, Fimp, Snami, Sumai, Uil Fpl Medici, Ugl.
Diverse le problematiche sollevate, dalle disuguaglianze assistenziali patite dai cittadini nelle diverse regioni alla rinuncia alle cure da parte di circa 9 milioni di italiani per il costo dei ticket, dall’esigenza di avviare un modello di presa in carico del paziente sempre più incentrato sul territorio alla necessità di affrontare il problema del contenzioso medico-legale per aggredire gli sprechi derivanti dalla medicina difensiva.
Vediamo in sintesi gli interventi dei rappresentanti sindacali.
Pierluigi Delogu, presidente nazionale Aio. “Fino a un anno fa rilevavamo un calo di fatturato del 20-30% causa crisi economica. Nell’ultimo anno c’è stato però un peggioramento, hanno disertato il dentista altri 15 italiani su cento; solo un italiano su 4 va ormai dal dentista. Abbiamo deciso di guardare alla gente. Scontano la crisi soprattutto le famiglie a basso reddito che non curano i denti a meno di urgenze e dovrebbero invece essere le prime a praticare una prevenzione a basso costo ed alto rendimento. Aio ha proposto già lo scorso febbraio al futuro ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che gli interventi di prevenzione odontoiatrica, a basso contenuto tecnologico e strumentale fossero coperti dal Servizio sanitario nazionale.
Se il Fondo sanitario nazionale non potesse stornare soldi per sostenere economicamente le prestazioni, si potrebbe intervenire non immettendo liquidità nelle nostre tasche ma consentendoci di detrarre dalle imposte Irpef i costi dei nostri interventi”.
Alessandro Vergallo presidente nazionale Aaroi. “Il nostro Servizio sanitario nazionale, sul piano dell’efficacia, è fuori discussione. Dove è necessario intervenire è sotto l’aspetto dell’efficienza e sull’appropriatezza. Sotto il primo profilo devono cambiare gli approcci prevedendo una revisione dei meccanismi organizzativi. Per quanto riguarda invece il profilo dell’appropriatezza è necessario mettere mano alle indagini pre-operatorie e strumentali. Bisogna rivedere le linee guida”.
Giorgio Cavallero, vicesegretario nazionale Anaao-Assomed. “Dobbiamo salvaguardare il Servizio sanitario nazionale dai tagli alla spesa pubblica. Occorre quindi un atteggiamento diverso nei confronti del Ssn, che deve essere disgiunto dai tagli alla spesa pubblica. Va infatti evidenziato il suo carattere prioritario per i cittadini. Se si vuole mantenere una sanità di alto livello, occorre investire nello sviluppo. Non dimentichiamo che il costo del Servizio sanitario nazionale è compensato da una migliore qualità di vita della popolazione. Ma questi anni abbiamo subito solo tagli in maniera indistinta. I costi, sostiene l’Ocse, sono correlati alla lunghezza della vita media e sono incomprimibili perché legati alla lunghezza della vita media. Quindi ci troveremmo davanti al paradosso che per comprimere la spesa dovremmo comprimere la durata della vita. Il mondo scientifico, e con questo la medicina, cambia velocemente ciò determina un aumento dei costi per la ricerca e l’innovazione nei farmaci, ma nessuno può pretendere che i medici prescrivano qualcosa di meno efficace per far risparmiare”.
Stefano Cecconi, rappresentante Cgil Medici. “Siamo convinti che sia urgente mettere in sicurezza il Servizio sanitario nazionale. La ripetuta riduzione del finanziamento ancora non ha prodotto effetti ma questo avverrà a partire dal 2014. I tagli lineari, non selettivi, ma indiscriminati, hanno colpito tutte le realtà, sia quelle più virtuose che quelle meno che in questo modo non riescono a rimettersi in paro. L’aumento della spese per i cittadini, con il ticket, sta portando verso l’iniquità e l’esclusione dall’assistenza sanitaria. Se non si interviene ad eliminare questo si arriverà all’insostenibilità del sistema. Il pubblico, infatti, non è più conveniente rispetto al privato e la combinazione di tagli e ticket mette in crisi l’universalità del sistema. Rimettere meno alla riorganizzazione e riqualificazione del territorio, dell’assistenza distrettuale e la prevenzione è questa una priorità. Così come c’è la necessità di una riconversione del sistema che passa per la riorganizzazione delle politiche ospedaliere, del distretto, l’h24 e le cure territoriali. Per fare questo è fondamentale agire sulle politiche del lavoro, che rappresentano il core del sistema perciò va cancellato il blocco del turn-over. Lo o Stato centrale deve riappropriarsi del suo ruolo di orientamento e monitoraggio perché se abbiamo differenze di offerta tra i territori questo lo si deve in parte alle cattive politiche ma in parte anche al retrocedere del ruolo dello Stato centrale”.
Guido Quici, vicepresidente nazionale Cimo-Asmd. “La revisione della spesa pubblica ha determinato una riduzione sensibile dell’offerta sanitaria per cui, oggi, il nostro Ssn non è più in grado di sostenere un sistema universalistico forte. Preoccupano gli effetti negativi di una spending review caratterizzata da tagli lineari che hanno ridotto anche la sicurezza delle cure, oltre alla disomogenea allocazione delle risorse alle Regioni che ha accentuato le diseguaglianze tra i cittadini in termini assistenziali. Il costo di alcuni ticket arriva a superare addirittura il costo della prestazione stessa e circa 9 milioni i cittadini italiani hanno dichiarato di aver dovuto rinunciare alle cure o aver fatto ricorso al cosiddetto ‘low cost’ sanitario a causa del basso reddito.
Occorre, inoltre, rivedere la rete ospedaliera ancora frammentata in piccoli presidi. E, in tema spesa sanitaria, occorre intervenire urgentemente per contenere la cosiddetta medicina difensiva, oggi quantificabile nella misura di circa 15 mld/anno. Proponiamo : l’obbligo della copertura assicurativa, l’obbligo di percorsi extragiudiziali con maggiori penalizzazioni per chi rifiuta l’accordo strumentalmente; l’introduzione del concetto di alea terapeutica e del risarcimento no-fault; l’obbligo dell’introduzione nelle Aziende di una vera struttura di prevenzione del rischio; l’introduzione di un tetto massimo di risarcimento basato su valutazioni oggettive del danno, l’azione contro le Aziende Sanitarie, e non contro i Medici, per ottenere il risarcimento dei danni ed, infine, la modifica della responsabilità limitata alla colpa grave”.
Pietro Cerrito, rappresentante della Cisl Medici. “Da quando è iniziata la spending review non c’è mai stato un confronto. I tagli nel periodo 2012 -2014 saranno alla fine di 20 miliardi e questi ancora non hanno prodotto i loro effetti sul territorio. L’approccio, lo sappiamo, è stato il taglio indifferenziato in sanità e questo sta mettendo fuori dalla sanità pubblica migliaia di famiglie. Nel merito, i tagli incidono sui meccanismi strutturali della spesa. Una minoranza di direttori generali non possono decidere della spesa. Il ricorso ai ticket spinge all’uscita dal pubblico verso il privato che offre servizi a costi spesso più bassi”.
Silvestro Scotti, vicepresidente nazionale Fimmg. “Tra le problematiche è che in questo paese si è cambiata la dinamica assistenziale rispetto a quelle che sono le leggi istitutive del Ssn. Non fosse altro per la definizione all’interno della Costituzione dei provvedimenti che definiscono il pareggio di bilancio. È di recente definizione una sentenza del consiglio di stato, rispetto alle prescrizioni farmaceutiche dove risulta prevalente l’interesse pubblico al contenimento della spesa farmaceutica. Di fatto la giurisprudenza amministrativa condiziona l’accesso alle cure al contenimento della spesa pubblica. La nostra aspettativa è che questo determini la ricerca di un equilibrio. Perché in questa fase abbiamo assistito ad una rimodulazione della risposta assistenziale condizionate dal rispetto degli obblighi di bilancio. La nostra proposta è un processo di rifondazione del territorio per ritrovare anche in economia di scala, attraverso percorsi organizzativi di tipo libero professionale, l’evoluzione del sistema da una risposta assistenziale del singolo verso il micro territorio che metta insieme la capacità di più medici di erogare assistenza continuativa, per ridurre gli accessi agli ospedali e complesso, con gli specialisti ambulatoriali. questo in parte lo prevede anche il decreto Balduzzi però devono essere previsti dei costi. Sulla figura del medico di famiglia occorre ragionare su un inquadramento definito dando valore anche agli aspetti della libera professione. Accesso alle cure limitate dal ticket. Il provvedimento che manca è quello della socializzazione della spesa privata. Certificazione dei bilanci deve essere affiancata anche da una certificazione dell’assistenza”.
Alessandro Ballestrazzi, presidente Nazionale Fimp. “Gli effetti della spending review e dei tagli lineari hanno comportato una riduzione delle risorse che creano problemi particolarmente gravi con ricadute non solo sull’assistenza ai bambini, cittadini di domani, quindi particolarmente importanti, ma anche sulla famiglia e altri servizi come i tagli agli asili nido che acuiscono il problema in generale”.Quello che la Fimp lamenta in particolare è “un calo dei pediatri che di fatto nei prossimi anni renderà difficile l’assistenza universale”. Infine il nodo della questione che per Ballestrazzi “è la riforma delle cure primarie, del territorio, da sempre sottodimensionato in termini di risorse. La riforma Balduzzi, che parla di costo zero, rende di fatto difficile il raggiungimento di questo obiettivo”.
Pasquale Orlando, vicepresidente dello Snami. “I medici di medicina generale soffrono la carenza di risposte che il Ssn non riesce a garantire. Lo Snami pone al centro delle risposte la medicina generale in collaborazione con tutti gli attori del territorio. Gli studi medici, il distretto e la rete di ambulatori sono da considerarsi una ricchezza per il Ssn. E la organizzazione delle cure primarie dovrebbe partire da qui”.
Roberto Lala, segretario generale Sumai Assoprof. “Presentiamo una serie di proposte tenendo comunque presente che ulteriori riduzioni degli attuali stanziamenti per il servizio sanitario nazionale potrebbero pregiudicarne il suo funzionamento:
– superamento della visione ospedalocentrica dell’assistenza con un graduale potenziamento dell’assistenza territoriale;
– Potenziare l’Hta al fine di garantirne la piena funzionalità e azione di shift per alcune prestazioni di diagnostica strumentale svolte in ospedale, con conseguente impatto sull’accesso alle prestazioni ed al governo delle liste di attesa;
– aumentare l’accesso alle strutture sanitarie attraverso una rimodulazione degli orari di apertura giornalieri, compresi festivi e prefestivi, e della tipologia di prestazioni che vengono erogate;
– ottimizzazione dell’Adi (Assistenza domiciliare integrata);
– miglioramento del percorso formativo degli operatori sanitari (Ecm);
– aumento dell’appropriatezza delle prestazioni erogate anche attraverso una concreta informatizzazione del sistema indispensabile per evitarne la frequente duplicazione”.
Ruggero Di Biagi, rappresentante Ugl. “Più che la spesa occorre aggredire l’inadeguatezza, il Ssn in termini economici è già in sicurezza. Basta guardare al rapporto della Corte dei Conti che parla di flessione del personale e della spesa. Ma anche ad uno studio della Bocconi che evidenzia un rischio collasso per eccesso di rigore. È dunque necessario, riqualificare la spesa e il management. Per riqualificare la spesa occorre porre attenzione al programma nazionale esiti, affrontare il riordino della governance e rimettere mano alla Riforma del Titolo V”.
Francesco Maria Gennaro, rappresentante della Uil Medici. “L’allungamento dell’aspettativa di vita è il sintomo che il Ssn ha retto bene fino ad oggi, ma il dato allarmante, in linea con il calo del finanziamento, è che anche la spesa pro-capite del cittadino italiano rispetto ad un europeo è inferiore: 3mila dollari contro i circa 6mila. Questo significa che ci si cura di meno. Si possono recuperare risorse nella razionalizzazione dei presidi ospedalieri, che se non sono inutili, rischiano di essere dannosi e per questo vanno riconvertiti. Anche la riforma del territorio va rivista attraverso una ridomiciliarizzazione ovvero un potenziamento del personale sociosanitario per le patologie croniche e invalidanti. Altro provvedimento, questo a costo zero, è la prevenzione, coinvolgendo le scuole. Ultima voce da aggredire è la mancanza di controlli nelle spese”.