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Mancato rispetto orario di lavoro. Un altro caso nelle Marche

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Gentile Direttore,
prendo spunto dalla segnalazione del Sindacato Nursind sul caso di  un infermiere dell’ Azienda Ospedaliera di Ancona che ha lavorato dalle ore 7,30 alle ore 14 durante la seduta operatoria mattutina e che la sera è stato messo in pronta disponibilità, per cui è stato richiamato in servizio dalle 24.00 alle 8.0 del mattino e quindi  poteva  riprendere servizio solo dopo le 16.00.
 
Ha comunque informato i superiori per iscritto che non poteva prendere servizio alle ore 13.00 come da turno precedentemente assegnatogli. Dopo quindici giorni gli è arrivata una richiesta di provvedimento disciplinare per inosservanza delle disposizioni di servizio, per non essersi recato al lavoro alle 13.00.
 
Tale comportamento della Azienda è criticabile e nelle sedi opportune con l’aiuto del suo sindacato il lavoratore verrà sicuramente non sanzionato.
 
Il problema che Le pongo è  perché è stato sottoposto a un provvedimento disciplinare? Chi ha attivato la procedura non dovrebbe lui essere sanzionato, come anche la Direzione sanitaria e la Direzione  Amministrativa? In caso di contenzioso legale chi pagherà i costi sostenuti dall’Azienda?  

 
Il nostro paese è veramente strano, pronto a cercare i colpevoli dopo il disastro mai a prevenire le cause.
 
Le voglio raccontare la storia della U.O.C. di  Radiologia  che sta nell’Ospedale di Urbino,  in cui  il Primario ha attuato dal mese di Ottobre 2016  fino ad oggi una organizzazione dell’orario di lavoro  che non prevede la Guardia Notturna Radiologica ma un orario di lavoro basato su:
 
un modello A  
– dalle 8.00 alle 14.00 turno istituzionale    timbratura senza codice
– dalle 20.00 alle 02.00 in pronta disponibilità  o  04.00 per garantire le 11 ore
– dalle 02.00 alle 8.00 turno istituzionale
– dalle 8.00 alle ore 8.00 del giorno successivo riposo
 
oppure un modello  B   
– dalle  14.00 alle  20.0 turno istituzionale  timbratura senza codice
– dalle 20.00 alle 02 in pronta disponibilità  o 04.00 per garantire le 11 ore
– dalle 02.00 alle 8 turno istituzionale  
– dalle 8.00 alle ore 8.00 del giorno successivo riposo .
 
La turnazione proposta, oltre ad essere del tutto illogica ed  irrazionale, è palesemente illegittima perché rende impossibile la fruizione certa delle 11 ore consecutive di riposo nelle 24 ore,  prevista dall’art.7 del Decreto Legislativo  n.° 66, come nel caso dell’infermiere dell’Ospedale di Ancona .
 
La CIMO  ha sempre consigliato i propri Direttori di U.O.C.  (a priori),  di non inserire nei turni diservizio del giorno successivo (almeno nel turno 8.00 – 14.00)  il personale che è stato inserito nel periodo di reperibilità notturna antecedente  e di non usare le reperibilità notturne al posto della Guardia notturna  in presenza di chiamate  numerose come  riportato e verificabile dal Registro chiamate o  dal cartellino  e in caso di possibile violazione del riposo  di 11 ore consecutive post reperibilità  notturna,  di  provvedere a  mettere in servizio dalle 8.00 – 20.00  un  altro dirigente.
 
Riguardo al modello B  segnalo che esso è completamente illogico e pericoloso: è  evidente che dopo aver  lavorato  6 ore dalle 14.00 alle 20.00 e aver iniziato il turno di reperibilità notturna  dalle 20.00 alle  2.00 ho già ipoteticamente lavorato in totale 12 ore, per cui  sto per commettere 2 violazioni: la prima aver  violato il riposo  di 11 ore consecutive  perché vengo messo a lavorare in istituzionale alle ore 2.00 e  la seconda che sto  superato le 12 ore e 50 di orario totale massimo giornaliero  possibile.
 
In entrambi i casi segnalati  di Ancona e di Urbino l’organizzazione del lavoro attuata è in evidente contrasto con i principi generali che sono posti quale premessa fondante della Direttiva dell’Unione Europea n° 104 del 23 novembre 1993  della quale il Decreto legislativo n.° 66 costituisce mera applicazione nel contesto normativo italiano.
 
L’unica giustificazione portata a sostegno del modello proposto è in verità una motivazione di carattere politico – economico, che  chiede ai professionisti un impegno sempre maggiore, a fronte di garanzie e tutele sempre minori  e di prospettive di crescita professionale ed economica sempre più labili e incerte.
 
Non sarebbe il caso che l’Ispettorato del Lavoro di Pesaro e la Procura  intervenissero  prima che cadano le valanghe e non dopo che è arrivata    Striscia la notizia?
 
Oppure non sarebbe il caso di organizzarci e provare di  mandare a casa i politici che  permettono  tutto questo  nelle Marche.
 
Luciano Moretti
Segreteria regionale Cimo-Marche