See and Treat. Il presidente dell’Ordine dei medici di Roma pronto al ricorso contro sentenza Tar


“Allibiti da sentenza Tar. Il See and treat è una diagnosi clinica fatta da non medici. Stiamo valutando ricorso”. Intervista al presidente dell’Ordine dei medici di Roma Giuseppe Lavra


Dopo la decisione dei giudici amministrativi di bocciare il ricorso dell’Ordine contro l’attivazione del servizio infermieristico See and Treat nell’ex Asl Roma C il numero uno dei medici capitolini è pronto a continuare la battaglia. “Non è solo una questione legale esiste anche una valenza giuridica dei principi e delle regole deontologiche. Stiamo valutando se ci sono i margini per appellarci alla sentenza”


lavra_qs26 OTT – “Come si fa a chiedere ad un medico di avvallare una diagnosi a distanza (e certificarla) e per giunta una diagnosi fatta da chi non ha la titolarità”. A parlare in quest’intervista è Giuseppe Lavra presidente dell’Ordine dei medici di Roma che dopo la sentenza del Tar che ha bocciato il ricorso dell’Ordine contro l’attivazione del servizio infermieristico See and Treat nell’ex Asl Roma C manifesta tutta la sua contrarietà al provvedimento del Tribunale amministrativo. “Non è solo una questione legale esiste anche una valenza giuridica dei principi e delle regole deontologiche”.
 
Presidente, ci spiega cosa non l’ha convinta della sentenza del Tar che ha bocciato il vostro ricorso sul See and Treat?
La prima cosa è che si è confuso il ruolo dell’Ordine dei medici
 
In che senso?
Noi siamo un Ente pubblico a tutela e garanzia della collettività. Noi non rappresentiamo una categoria ma una professione e il nostro stakeholder principale è il cittadino, alla categoria ci devono pensare i sindacati. L’Ordine si deve preoccupare della Professione. Forse non l’abbiamo spiegato bene ma stia certo che lo ribadiremo con forza.

 

Detto ciò il Tar dice che il See and Treat ha ragion d’essere…
Il primo punto che contestiamo è che di fatto la diagnosi e terapia sono di esclusiva competenza del medico. 
 
Ma nella sentenza si ribadisce come gli infermieri del servizio See and Treat debbano fare una formazione di 166 ore e poi che nel presidio vi sono più di 50 medici, oltre il fatto che il servizio (presso il Presidio Santa Caterina della Rosa) è in collegamento con il Pronto soccorso
Andiamo per ordine. Sulla formazione mi sembra che si faccia un’azzardata semplificazione. Il medico tra laurea e specializzazione studia 11 anni finalizzando la propria formazione per gestire la fase clinica dei processi di cura. Ragionare su centinaia di ore di formazione mi sembra fuori luogo, peraltro nell’ambito di una formazione di base finalizzata alla fase assistenziale dei processi di cura. E poi guardi sono gli stessi infermieri a non voler inseguire la qualifica di ‘medici nani’, in quanto orgogliosamente legati alle proprie competenze specifiche.
 
Ma sul fatto che il See and Treat è in rete con il Pronto soccorso?
La cosa non mi convince affatto, anzi sono proprio allibito e mi sembra vi siano gli elementi per un falso in atto pubblico, pur non essendo io un giurista. E poi che vuol dire che c’è il Pronto Soccorso ad un chilometro.
 
Cioè?
Come si fa a chiedere ad un medico di avvallare una diagnosi a distanza (e certificarla) e per giunta una diagnosi fatta da chi non ha la titolarità. Le ripeto, l’Ordine, proprio perché è un Ente a tutela della collettività, deve vigilare sulla garanzia e la sicurezza delle prestazioni. E le ripeto ancora: diagnosi e terapia sono di competenza del medico.
 
Ma il Tar ribatte che gli infermieri già fanno il triage in Pronto soccorso.
Chiariamo una cosa, il triage non è una diagnosi, è una semplice attribuzione di priorità affinché il caso sia valutato dal medico. Insomma è un indice di priorità d’urgenza per la valutazione diagnostica del medico, mentre il See and treat così come configurato è una diagnosi clinica fatta da non medici. 
 
Ma se il See and Treat fosse nella stessa struttura del Pronto soccorso come in Toscana o in Inghilterra (da cui è stato mutuato il servizio)?
Guardi, il mio pensiero è che ci sia un problema anche in quell’ipotesi. Valutare le situazioni di minore o maggiore rilevanza clinica ex post è fondamentale. Ma il punto è che noi non dobbiamo né possiamo valutare queste ex ante. Anche nella codifica del triage accade che ciò che è stato classificato per esempio come codice verde, ex ante, poi si riveli, ex post (dopo la valutazione medica) un codice giallo o addirittura rosso.
 
Ma allora a questo punto cosa pensate di fare?
Appena arrivata la sentenza l’abbiamo inviata ai nostri esperti legali per valutare se ci sono i margini per appellarci alla sentenza, come io penso ci siano. A breve ne sapremo di più. Ma non è solo una questione legale esiste anche una valenza giuridica dei principi e delle regole deontologiche. Se è vero che non siamo esperti di Diritto, invece, sulla Deontologia Medica a tutela del cittadino credo che abbiamo qualcosa da dire.
 
Luciano Fassari