Cimo contro l’Atto di indirizzo: «È una provocazione, ai medici servono certezze»
«Sono più di 7 anni che i medici dipendenti del Ssn attendono un rinnovo contrattuale che li metta in condizioni di lavorare in sicurezza e con maggiori stimoli sia professionali che economici. E adesso che la macchina comincia a muoversi dobbiamo confrontarci con un Atto di Indirizzo che mostra pochissime luci e tantissime ombre e che in alcuni passaggi appare quasi come una farsa nei confronti dei medici che quotidianamente si trovano a dover lavorare nelle strutture sanitarie tra mille difficoltà. E’ completamente scollegato dalla realtà». Lo ha detto il vicepresidente vicario Cimo, Guido Quici, commentando il documento che è stato presentato la scorsa settimana. Le premesse e le linee di contesto generale dell’Atto d’indirizzo delineano un quadro di profondo cambiamento rispetto al quale il nuovo assetto contrattuale non può che non tenerne conto proprio in considerazione dei mutamenti intercorsi in questi anni.
«Però se è vero che il nuovo assetto organizzativo si fonda su un delicato equilibrio tra strutture e funzioni – spiega Quici -, non è possibile normare il lavoro e le funzioni dei medici del Ssn su un modello organizzativo, quale ad esempio quello per intensità di cure, che è presente in poche realtà regionali e che stenta a realizzarsi su tutto il territorio nazionale. Basta semplicemente verificare l’enorme divario tra i diversi modelli organizzativi, uno per regione, per capire la pericolosità di stabilire le regole del gioco per tutti, su di un modello ancora in progress. Un modello che tra l’altro non è di certo attuabile in tempi brevi su tutto il territorio nazionale».
E per quanto riguarda la carriera professionale Cimo si augura che non si voglia far leva solo sull’elemento motivazionale perché nell’Atto d’indirizzo «da un lato, si riconosce un reale ridimensionamento delle risorse lavoro e degli incarichi di alta gestione ma dall’altro non si dichiara la reale entità delle risorse da destinare alla carriera professionale e gestionale. I medici vogliono una valorizzazione economica legata alla progressione di carriera ed alle responsabilità sempre maggiori che ricadono su di loro ma anche i dirigenti sanitari vorranno concretizzare economicamente l’essere nella stessa area contrattuale dei medici e, tutto questo, con quali risorse?»
Altro elemento, oggetto di massima attenzione, riguarda i rapporti con le altre professioni: l’Atto di indirizzo del personale di comparto fa riferimento alla legge 251/2000, bypassando il dibattito in corso sul comma 566 ed in particolare sul riconoscimento della leadership medica nelle equipe multi professionali. In ambito di applicazione del contratto decentrato aziendale, si domanda Cimo, cosà succederà?
«Certamente è indispensabile che, come richiesto dal ministro Lorenzin – aggiunge Quici – parte delle risorse risparmiate dai processi di riorganizzazione debbano andare al personale, ma occorre chiarire preliminarmente modelli organizzativi e livelli di responsabilità.
Infine il rilancio e la valorizzazione della trattativa aziendale hanno bisogno di regole più cogenti che impongano ai Direttori Generali l’obbligo di applicare il contratto decentrato nella sua interezza, pena la decadenza degli stessi in caso di omissioni, solo così, infatti, si potrà avere la garanzia che i risparmi andranno davvero a beneficio del personale dipendente».
Insomma, per Cimo «le palesi provocazioni contenute sulle tematiche riguardanti l’orario di lavoro, l’esclusività di rapporto, la libera professione, saranno oggetto di successivi approfondimenti». Nel frattempo il sindacato annuncia che per la prossima tornata contrattuale «Cimo vigilerà affinché la premessa e le linee di contesto generali non rappresentino uno specchietto per le allodole ma diventino il vero strumento contrattuale attraverso quelle certezze che, oggi, il Comitato di settore non è in grado di garantire».