Cimo-Fesmed: “Costretti a firmare ma convinti a non cedere”
19 DIC – Costretti a firmare ma convinti a non cedere. Con questo spirito oggi la Federazione CIMO-FESMED porrà oggi una sigla in ARAN all’atto conclusivo di accordo sul contratto dell’Area Sanità, mettendo a verbale una dichiarazione (anticipata ieri da Qs) che non fa sconti e anticipa future azioni di contestazione su un testo giudicato peggiorativo per la dignità e la qualità lavorativa dei medici e la cui attuazione concreta mette a rischio il livello dei servizi pubblici per la salute dei cittadini.
In particolare, la Federazione preannuncia ricorsi e cause sul tema della retribuzione individuale di anzianità (RIA), sull’orario di lavoro, sulle condizioni vincolanti alla scelta di un legale e sui diritti dei medici in extramoenia. Inoltre, in una dichiarazione che CIMO e FESMED hanno già chiesto di allegare al verbale della riunione odierna in Aran, sono sintetizzati i punti che si considerano inaccettabili e che saranno oggetto di un controllo capillare dei rappresentanti CIMO-FESMED nell’applicazione del contratto azienda per azienda.
“Fa molta rabbia essere costretti a firmare un contratto di lavoro atteso da oltre dieci anni con incrementi economici del tutto marginali ma, soprattutto, con una normativa che penalizza fortemente i medici che lavorano nel SSN pubblico”, spiega Guido Quici, presidente della Federazione CIMO-FESMED. “Abbiamo più volte denunciato come questo testo, proposto da Aran e Regioni, non faccia che peggiorare la tutela legale, l’orario di lavoro, la progressione di carriera unica per tutta la dirigenza senza fondi e senza regole certe, la perdita di alcuni diritti a favore dei portatori di handicap, e anche le prerogative sindacali, che vengono fortemente svilite e depotenziate”.
“Nella notte dello scorso 24 luglio – ricorda Quici – alla forzata e affrettata chiusura della trattativa sul contratto 2016-2018, CIMO, FESMED ed ANPO-ASCOTI-FIALS Medici non accettarono di firmare il pre accordo per dare un segnale importante; ma l’esclusione dai tavoli aziendali e regionali ci costringe oggi ad una firma “tattica” e di valore tecnico, proprio per non essere esclusi dalla trattativa decentrata e per consentirci di vigilare affinché l’applicazione non sia ulteriormente peggiorativa rispetto al nuovo testo e alle nuove condizioni”.
Dieci anni di attesa, ricorda la Federazione, in cui sono state tagliate oltre 9.395 strutture complesse e semplici (2008-2018); il costo del personale sanitario è diminuito di 2,6 miliardi (2008-2018) per ripianare i bilanci delle regioni senza interventi migliorativi per la qualità del lavoro dei medici, i cui ritmi di lavoro sono senza controllo e tutele, mentre la perdita del potere di acquisto è stata nettamente superiore rispetto agli incrementi, inferiori al 3,48%, concessi dal nuovo contratto. Dieci anni in cui il disagio e i carichi di lavoro hanno dato impulso alla fuga dei medici verso il privato o l’estero, senza contare la mancanza di tutele derivanti dalle vigenti disposizioni legislative che favorisce i contenziosi, per non parlare del calo delle remunerazioni, ben al di sotto degli altri Paesi europei.
“Proprio in questo contesto complesso e deteriorato il potere contrattuale avrebbe dovuto assumere una maggiore valenza; purtroppo, con il CCNL 2016-18 si è persa un’occasione unica e irripetibile”, commenta Quici. “Ma più dell’amarezza conta ora la nostra determinazione a non arretrare nella difesa dei diritti sul campo, azienda per azienda, dove i nostri delegati avranno il compito di mantenere la barra dritta sulle tutele del lavoro e sul rispetto delle norme, che tutt’oggi restano spesso inapplicate”.
19 dicembre 2019
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