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Mancato rinnovo contratto medici. Denuncia Cimo a Corte europea dei diritti umani e avvio procedure per class action in Italia

Il sindacato dei medici ha inviato oggi il ricorso contro Governo, Aran e Regioni e ha attivato le procedure per una class action nazionale. Il presidente Cimo, Guido Quici: “Un atto dovuto nei confronti di chi, in questi anni, si è fatto carico di ‘coprire’ i vistosi buchi assistenziali creati dal progressivo sottofinanziamento del Ssn”.

 

Quici QS

02 GEN – “Il sindacato dei medici Cimo, come suo primo atto del 2019, ha inviato oggi alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) il ricorso contro le istituzioni italiane per la mancata realizzazione del rinnovo sul contratto dei medici dipendenti entro il 31.12.2018, in violazione dell’accordo confederale del 30 novembre 2016 e della sentenza della Corte costituzionale n. 178/15. Contestualmente, Cimo ha anche attivato oggi le procedure in sede nazionale per una class action contro Regioni e Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) sostanziate dalla stessa motivazione e, a 90 giorni da oggi, sarà possibile per ogni cittadino e professionista aderirvi. Le due azioni giudiziarie seguono a stretto giro l’annuncio fatto da Cimo lo scorso 14 dicembre, in vista dello scadere dei termini per il rinnovo del contratto della dirigenza medica 2016-2018″. È quanto si legge in una nota del sindacato dei medici Cimo.

 
“Alla Corte Europea Cimo si appella per far valere a livello più generale la palese violazione da parte di Governo, Regioni e Aran dell’attuazione della menzionata sentenza della Corte Costituzionale del 2015, che ha sancito l’illegittimità costituzionale del blocco della contrattazione collettiva del pubblico impiego, quando è stata evidente la sua applicazione ‘strutturale’ anziché e, quindi, non episodica o temporalmente limitata come dovrebbe essere. Il richiamo della stessa sentenza a principi sanciti da accordi internazionali sulla libertà sindacale e fatti propri dalla giurisprudenza della Corte Europea – spiega la nota – rafforzano le motivazioni della denuncia Cimo”.

 

 
Nella fattispecie del contratto della dirigenza medica, questa violazione si è fatta più concreta “in quanto nel primo trimestre del 2018, per ottemperare alla citata sentenza della Corte Costituzionale, sono stati correttamente chiusi tutti i contratti del comparto sanitario della PA e successivamente quello dei medici convenzionati. Ritardi e politiche ambigue hanno invece alzato una fitta nebbia su risorse e diritti di rinnovo nei termini (31.12.2018) per i medici dipendenti. Il fatto che il finanziamento dei contratti dei medici dipendenti attinga al bacino finanziario del Fondo sanitario nazionale ha infine fatto sì che, dopo l’assegnazione delle risorse per altri contratti e in assenza di adeguati accantonamenti pregressi da parte delle Regioni, la dirigenza sanitaria sia stata lasciata ultima e senza fondi, pur dovuti per legge.

 
La lunga e scandalosa gestione delle trattive per questo rinnovo, atteso da dieci anni – prosegue la nota -, è stata più volte denunciata durante il 2018 da Cimo che, pur partecipando a tutte le riunioni di tavoli politici e tecnici in Aran, ha dovuto stigmatizzare pubblicamente l’atteggiamento non solo dilatorio sul riconoscimento economico ma anche regressivo sulle condizioni di lavoro proposte nei testi di accordo dell’Aran. Nel caso dei medici dipendenti non si è inteso nemmeno riconoscere gli incrementi accordati a qualunque altra fascia di dirigenza pubblica (incremento a decorrere dal 2016 nella misura dello 0,39% per il 2016, 1,07% per il 2017 e 3,48% per il 2018), senza contare il disagio dei medici, che in questi anni di sottofinanziamento del Ssn ne hanno evitato il collasso facendosi carico degli stessi volumi di prestazioni con circa 10.000 unità mediche in meno.

 
Le persistenti richieste di Cimo di chiarimenti sui fondi che dovevano essere accantonati per il rinnovo contrattuale da parte delle Regioni, sono state ignorate; ciò ha costretto il sindacato a una diffida e successivamente alla segnalazione alla Corte dei Conti, facendo emergere situazioni che occorre chiarire in tempi rapidi”.

 
Ed è su questi elementi di dettaglio che si muove nello specifico la procedura di class action contro Regioni e Aran “che verranno indicati alla Magistratura da Cimo come i responsabili del mancato rinnovo del contratto di lavoro entro la scadenza di legge, responsabili verso i quali si chiedono anche i danni per il disagio subito dai medici dipendenti in questa lunga fase di discriminazione e stallo”.

 
“E’ un dovere morale per Cimo attivare formalmente tali azioni giudiziarie presso la Corte Europea e la Magistratura italiana contro chi non ha palesemente voluto il rinnovo del contratto di lavoro per i medici dipendenti”, commenta il presidente nazionale Cimo, Guido Quici. “E’ il nostro primo atto ufficiale del 2019 cui seguiranno altri di non minore rilevanza, perché questa difesa costante dei diritti del lavoro è un atto dovuto nei confronti non solo dei nostri iscritti ma di tutta la dirigenza medica e sanitaria che attende un contratto di lavoro da dieci anni ed i cui diritti sono quotidianamente calpestati. Diritti non riconosciuti per la mancata volontà di siglare un contratto di lavoro che, seppur minimo, avrebbe quantomeno testimoniato il riconoscimento per il lavoro svolto in questi anni a sostegno di una sanità pubblica sempre più assente dalle priorità di governo e a beneficio del diritto alle cure dei cittadini italiani”.

 
“Inoltre – aggiunge Quici – è un dovere morale nei confronti di chi, in questi anni, si è fatto carico di ‘coprire’ i vistosi buchi assistenziali creati dal progressivo sottofinanziamento del Ssn, di chi ha donato alle aziende centinaia di migliaia di ore di lavoro eccedenti mai pagate, di chi è in credito di migliaia di giorni di ferie non godute, di chi continua a lavorare in condizioni di stress e disagio, di chi ha subito e continua a subire aggressioni nelle strutture sanitarie per disservizi organizzativi creati da altri, di chi è costretto ad assistere a campagne di discredito nei confronti di un professione ritenuta, da alcuni, come una sorta di bancomat cui attingere per altre esigenze di cassa”.

 
“Nelle prossime settimane – conclude la nota – Cimo continuerà a battere con forza un percorso coerente con le azioni sindacali svolte sino ad oggi a tutela dei diritti dei colleghi medici, azioni che si svilupperanno su tre linee di indirizzo:

1. Recupero, anche in sede giudiziaria, della parte economica del ccnl 2016-2018.
2. Richiesta ad Aran di apertura del nuovo ccnl 2019-2021, sia per la parte economica che normativa.
3. Avvio di azioni in ambito aziendale, finalizzate al rispetto del vigente contratto di lavoro con particolare riferimento a orario di lavoro, contratto individuale di lavoro, fondi contrattuali, sicurezza nei luoghi di lavoro.
 

I documenti del ricorso alla Corte Europea e della diffida ad Aran e Comitato di Settore-comparto Sanità che avviano l’iter della class action, saranno a breve disponibili sul sito Cimo“.
 

02 gennaio 2019
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