COMUNICATO STAMPA
DECRETO SEMPLIFICAZIONE, CIMO: SU LIBERA PROFESSIONE ANCORA TANTA
DEMAGOGIA, MEDICI CAPRO ESPIATORIO DI NODI CHE NON SI VOGLIONO RISOLVERE
Roma, 5 dicembre 2018 – I contenuti dell’art. 9 del Decreto Semplificazione, con il fascinoso titolo di “Riduzione delle liste d’attesa e corretto esercizio della libera professione intramuraria” devono essere smascherati per quello che sono: fumo negli occhi dei cittadini e avvio di cambiamenti strutturali più gravi per l’esercizio della professione, dannosi per i veri bisogni di salute. CIMO denuncia in questi termini le modifiche appena apportate dal Governo alla legge 120/2001, con una stretta illiberale all’esercizio attuale della libera professione dei medici dipendenti.
“Le modifiche apportate evidenziano la perseveranza del legislatore nel perseguitare i medici dipendenti del SSN ritenuti “evasori seriali” e “artefici” dei disservizi nelle aziende sanitarie”, commenta il Presidente Nazionale Guido Quici. “Non è altro che il solito gioco della politica nel quale si attacca una categoria per ottenere un facile consenso e distrarre l’attenzione dei cittadini rispetto alle reali conseguenze delle modifiche”.
“Vogliamo rassicurare il legislatore – prosegue il presidente CIMO – che i controlli individuali nei confronti dei medici, da parte dei responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza e i protocolli d’intesa con i Carabinieri dei Nas e con la Guardia di Finanza sono la nostra stessa priorità, perché chi sbaglia deve pagare. Ma non è accettabile far passare messaggi dilatori ignorando che se esiste un problema liste di attesa, se i cittadini sono costretti a pagare in proprio, se l’offerta sanitaria non è più sufficiente non è affatto colpa dei medici. È piuttosto colpa di chi vuole ignorare che esiste un problema di sostenibilità del nostro SSN, di chi fa finta di ignorare che la sanità integrativa presto diventerà sostitutiva, di chi non vuole far rinnovare, dopo dieci anni, il contratto dei medici, di chi è stato incapace di programmare i fabbisogni di personale, soprattutto di tutte le lobby che lavorano sottobanco affinché la sanità italiana sia sempre meno pubblica”.
CIMO ricorda che tra il 2010 e il 2015 (fonte Istat – Salute) il saldo positivo per l’attività intramoenia delle aziende sanitarie è stato di oltre 1,222 miliardi (incasso totale meno quanto percepito dai medici per la libera professione); negli stessi anni, dove l’incasso totale è passato da 1,264 mld a 1,118 mld del 2015, il saldo netto per le aziende è invece aumentato da 164 mln del 2010 a 228 mln del 2015. Sarebbe anche interessante conoscere come sono stati reinvestiti. Parallelamente, solo lo 0,3% dei ricoveri sono stati effettuati in regime di libera professione (26.267 su 8.401.407). Una fotografia che dimostra quanto marginale sia l’impatto della libera professione sulle dinamiche del SSN e quindi sui problemi di attesa e servizio da risolvere.
“Se un’azienda non è capace di programmare e crea disservizi non è certamente attraverso il blocco della libera professione che risolverà i propri problemi. Basterebbe sostituire i direttori generali”, continua Quici. “Sarà sufficiente aspettare davvero poco tempo per osservare gli effetti collaterali di questo scellerato provvedimento sia in termini di slittamento dal pubblico al privato, che di fuga dei medici dagli ospedali pubblici. Quanto sosteniamo oggi lo ricorderemo alla politica in ogni futura occasione elettorale – conclude – soprattutto lo ricorderemo ai cittadini, la cui attuale visione viene purtroppo distorta da facili narrazioni demagogiche che nascondono ben altri obiettivi di business e di creazione di una sanità povera per i poveri rispetto a una nuova e privata per i benestanti”.