Proposte Regioni su carenza personale sanitario
Proposte Regioni su carenza personale sanitario: per CIMO-FESMED alcuni spunti interessanti
ma molte perplessità
Quici: «Necessario confronto con i sindacati»
Roma, 2 marzo 2022 – È un giudizio in chiaroscuro quello che la Federazione CIMO-FESMED dà alle nuove proposte della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni per contrastare la carenza di personale dipendente del SSN. Se alcune richieste sono infatti condivisibili, verso altre il sindacato nutre numerose perplessità.
Bene il superamento del tetto di spesa per il personale
È sicuramente auspicabile il superamento degli attuali limiti legislativi relativi alle spese di personale e dei vincoli sulla consistenza complessiva dei fondi contrattuali, così come è apprezzabile l’intento di responsabilizzare le Regioni nella definizione delle risorse da destinare al trattamento accessorio per allineare le retribuzioni dei professionisti e superare vergognose sperequazioni tuttora presenti in alcune Regioni. Tale allineamento, sia chiaro, dovrà tuttavia consentire a chi oggi guadagna meno – a causa di un fondo aziendale sottostimato – di percepire tanto quanto riconosciuto ai colleghi che lavorano in altre aziende più virtuose della stessa regione, e non viceversa: sarebbe ovviamente inaccettabile un allineamento verso il basso, al risparmio.
Incentivare la carriera, non i progetti
CIMO-FESMED, invece, non ritiene che consentire alle Regioni di finalizzare le risorse aggiuntive acquisite per non meglio specificate progettualità sia un modo per incentivare i colleghi a rimanere nel SSN. Una misura, quella dei progetti, spesso adottata ad personam e che lascia troppa discrezionalità ai direttori generali; una proposta che permetterebbe troppo facilmente di ristabilire quella sperequazione che invece si vuole combattere, e che senza adeguati standard di valutazione rischia di costituire un inutile costo e non un investimento.
Se l’obiettivo è incentivare i medici a rimanere all’interno del SSN, andrebbe invece favorito un percorso di carriera che offra loro stimoli e motivazione: andrebbe ad esempio eliminato il rapporto tra strutture semplici, complesse e posti letto, che negli anni ha portato al taglio di 11.633 responsabili di struttura semplice e complessa, appiattendo in modo importante le possibilità di carriera.
Il fabbisogno di personale deve rispettare uno standard nazionale
Del tutto negativo anche il parere della Federazione sulla richiesta delle Regioni di salvaguardare la propria autonomia in merito alla programmazione dei fabbisogni di personale. CIMO-FESMED, al contrario, ritiene necessario intervenire a livello nazionale per ristabilire uno standard unico di fabbisogno per branca, eliminando qualsiasi discrezionalità delle Regioni e delle aziende per assicurare l’equità delle cure a tutti i cittadini.
Creare contratti paralleli tra MMG e dipendenti prima di ragionare su osmosi
Il sindacato ritiene prematura l’ipotesi di “permeabilità delle carriere” dei medici dipendenti, a cui le Regioni vorrebbero consentire di accedere al rapporto di lavoro convenzionale al di fuori dell’orario di lavoro. Una proposta di cui non si può discutere senza un preliminare passaggio del contratto dei sanitari dipendenti del SSN dalla Funzione Pubblica al Ministero della Salute. Solo un contratto parallelo di medici convenzionati e medici dipendenti sotto l’egida del Ministero della Salute/Regioni, che mantenga l’attuale stato giuridico, potrebbe consentire di delineare una possibilità di osmosi tra le due categorie.
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Rimangono in ogni caso delle perplessità: come il territorio, anche gli ospedali soffrono di una atavica carenza di personale che rende difficilissime le condizioni di lavoro. Non vorremmo allora che si incentivasse ulteriormente una fuga dagli ospedali di fatto già in atto e nuovamente denunciata proprio dalla Federazione nei giorni scorsi. Al contempo, nutriamo dei dubbi sull’eventuale carico di lavoro aggiuntivo dei colleghi ospedalieri sul territorio, considerando che allo stato attuale sono già costretti a lavorare anche oltre le 48 ore a settimana, violando la normativa europea sull’orario di lavoro. Per lo stesso motivo, la Federazione CIMO-FESMED ritiene eccessivamente ambigua la richiesta di “aumento delle ore rese dal personale in servizio” che necessita di maggiore chiarezza.
Assunzione degli specializzandi: no ai medici tappabuchi
Tra le proposte avanzate nei giorni scorsi dalla Federazione CIMO-FESMED per far fronte alla carenza di personale, era presente anche la proroga al 31 dicembre 2024 della possibilità di assunzione degli specializzandi dal terzo anno. Una misura ritenuta necessaria, in attesa che l’aumento delle borse di specializzazione produca i suoi effetti, e condivisa anche dalle Regioni. Ben diverso, tuttavia, sarebbe conferire incarichi anche agli specializzandi del primo e del secondo anno: o si riorganizzano tutti gli ospedali rendendoli veri e propri centri di formazione, oppure si rischia da una parte di utilizzare i giovani medici come tappabuchi senza insegnar loro nulla, e dall’altra di sottrarre tempo agli strutturati-tutor che già riescono a dedicarsi con difficoltà ai pazienti.
Le equipollenze vanno aggiornate, non derogate
La Federazione CIMO-FESMED invita la Conferenza delle Regioni a rivedere complessivamente le equipollenze e le affinità delle discipline del personale dirigenziale, ma non concorda con la proposta di continuare a derogare alla normativa ricorrendo con flessibilità a medici con specializzazioni diverse da quelle richieste nei reparti in cui devono operare: non si può stabilizzare una misura resa necessaria dall’emergenza Covid-19. Occorre garantire la sicurezza delle cure, obiettivo che non può che prescindere dalla corrispondenza tra formazione specialistica del medico e bisogni di salute del paziente.
Quici: «Auspichiamo un confronto con i sindacati»
«È senz’altro positivo che le Regioni abbiano deciso di mettere mano al problema della carenza di personale – commenta il Presidente della Federazione CIMO-FESMED Guido Quici -. Come detto, alcune proposte sono condivisibili e altre richiedono riflessioni più profonde. Da parte nostra, ci riserviamo di approfondire ulteriormente gli aspetti relativi agli altri professionisti. Ma in ogni caso – conclude Quici – auspichiamo che almeno su questi temi si possa avviare un confronto costruttivo con le organizzazioni sindacali di categoria».