RASSEGNA STAMPA

Ddl Lorenzin e legge di bilancio, le richieste di Cimo per professione e ricercatori

 

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Un vero e proprio “assalto alla diligenza”. Così il neo presidente Cimo Guido Quici definisce il testo del Ddl Lorenzin, condividendo la scelta della Fnomceo di abbandonare i tavoli istituzionali. Quici prende di mira il «proliferare di ulteriori nuove figure professionali nell’ambito di un contesto, quello sanitario, divenuto terra di tutti a prescindere dai livelli di responsabilità». Non solo. Il testo «introduce elementi di concretezza in ambito deontologico, attraverso sanzioni per reati contro la persona connessi in danno di pazienti ricoverati ma, al tempo stesso, impedisce ai medici dipendenti di ottemperare ai propri doveri deontologici essendo prioritari i poteri delle aziende sanitarie in tema di organizzazione del lavoro secondo le direttive regionali e contrattuali». A far discutere è l’articolo 4 del testo che, secondo Cimo in accordo con Fnomceo, limita l’autonomia professionale rendendola ostaggio di una amministrazione controllata dalla politica. Non ci convincono» conclude Quici «le nuove modalità di elezioni, come non ci convince il Collegio dei Revisori la cui iscrizione al Registro dei revisori legali comporterà costi aggiuntivi per ciascun Ordine Professionale». 

 

Cimo si sofferma anche sull’imminente legge di bilancio che deve necessariamente come spiega Sergio Barbieri, vicepresidente vicario Cimo-Cida, finanziare «la stabilizzazione dei ricercatori, come proposto dal Ministero della Salute, e» riconsiderare «la decisione di limitare al 60% i fondi della ricerca corrente, destinati al personale». Barbieri chiede «uno ‘ius soli’ per i ricercatori, spinti a lasciare il Paese a causa di un quadro legislativo e retributivo inadeguato. Se non si interviene subito si perde sia il capitale investito in formazione, sia il valore aggiunto legato al lavoro che questi ricercatori svolgeranno all’estero». «Oltre un anno fa» spiega il vicepresidente Cimo «al Ministero della Salute era stata definita una proposta per inquadrare con contratti a tempo determinato e con una progressione di carriera legata alla produttività scientifica, il personale che attualmente lavora negli Ircss con contratti di collaborazione continuativa e professionale o con borse di ricerca. Ad oggi non si è ancora ottenuto nulla, stretti tra vincoli di bilancio e decisioni su capitoli di spesa che non contribuiscono certo allo sviluppo del paese e ne compromettono la capacità di generare ricchezza. Ci sono 3.300 persone che hanno dato al Paese più di quello che hanno ricevuto e che hanno il diritto di vedere riconosciuto il proprio contributo alla ricchezza nazionale», conclude Barbieri. 

 

Marco Malagutti