RASSEGNA STAMPA
XXXI Congresso nazionale Cimo. Guido Quici è il nuovo presidente: “Non faremo sconti a nessuno”
“Dalle istituzioni pretendiamo regole certe e dai medici che le rispettino” ha detto il neo presidente eletto all’unanimità. Il primo nodo da sciogliere è il contratto “privo ad oggi dei requisiti minimi per avviarlo”. Nel programma, la difesa dei giovani medici, la libera professione e alleanze con le società scientifiche per garantire qualità delle prestazioni professionali
“Niente sconti, né per la politica la cui ingerenza sulla sanità è sempre maggiore, né per i direttori generali che non rispettano i contratti di lavoro o che mortificano la professione del medico facilitando carriere non sempre trasparenti. Ma neanche per i medici che, con comportamenti ed azioni deontologicamente scorrette, compromettono l’immagine di un’intera categoria”.
Mette subito le carte in tavola Guido Quici classe 1957 già Vice Presidente vicario di Cimo, consigliere d’amministrazione dell’Onaosi e Direttore della unità complessa di epidemiologia dell’Azienda Rummo di Benevento, eletto all’unanimità nel corso del XXXI Congresso nazionale Cimo a Firenze. Nella sua relazione da neo presidente, indica punto per punto nodi da sciogliere e strategie da attuare nei prossimi 4 anni di mandato, ricordando che il sindacato pretenderà dalle Istituzioni regole certe per dare risposte chiare e precise alla classe medica. E il primo punto in agenda è il contratto di lavoro.
Contratto. “La mia presidenza in Cimo avrà sin da subito delle caratteristiche ben precise – ha detto – nell’attuale contesto socio politico noi sindacati siamo chiamati a dare una risposta chiara e precisa alla classe medica ad iniziare dal contratto di lavoro. Ad oggi non ci sono i requisiti minimi per avviare un contratto di lavoro. Immaginare di voler premiare chi lavora senza risorse non incanta più nessuno, né incantano le ‘partite di giro’ che imputano una parte degli incrementi contrattuali al salario accessorio il cui fondo tende ad ‘evaporare’ dopo ogni finanziaria o ad ogni processo di ristrutturazione aziendale”.
Sul piatto non c’è solo l’aspetto economico, la Cimo ricorda Quici, non intende cedere il passo neanche su alcuni principi fondamentali come l’introduzione di clausole e procedure che garantiscono l’efficacia e la cogenza degli accordi e che prevedano strumenti sanzionatori in caso di inosservanze o violazioni da parte delle aziende.
E sull’Atto di indirizzo, aggiunge “il rischio è che si basi su un modello organizzativo, quello per intensità di cura, che è presente in poche realtà regionali e stenta a realizzarsi per oggettivi problemi strutturali e funzionali. Ma, intanto, potrebbe condizionare, nell’immediato, il lavoro dei sanitari che si troverebbero ad operare con regole avulse dai contesti di gran parte delle aziende sanitarie”.
Sostenere il mantenimento dell’attuale sistema universalistico delle cure. No ai fondi sanitari complementari e sostitutivi sì alla stipula di accordi tra i fondi integrativi e le strutture sanitarie pubbliche accreditate secondo nuovo standard quali tempi di attesa, qualità di prestazioni e partecipazione diretta del personale dipendente del Ssn. È questa la formula per sostenere il Ssn del programma Cimo targato Quici.
“Il nostro servizio sanitario è un sistema che può essere migliorato, riorganizzato – ha detto – ma, in ogni caso, deve garantire l’accesso alle cure per tutti i cittadini e tanto può avvenire solo attraverso il potenziamento dei Lea. Se il Governo continuerà la sua politica dei tagli e di un finanziamento ridotto al lumicino rispetto al reale fabbisogno, sarà inevitabile un ulteriore incremento dell’out of pocket, già oggi stimato nella misura di circa 35 miliardi e che incide, per l’87%, direttamente nelle tasche del cittadino. Non a caso il proliferare dei Fondi sanitari rappresenta l’evidenza di questo fenomeno. Tuttavia Cimo ritiene che occorre impedire che l’assistenza sanitaria integrativa sia surrogata da concrete forme di assistenza sostitutiva o complementare; evitare la commistione tra secondo (no profit) e terzo pilastro (profit); evitare la cosiddetta comunity rating, ovvero la selezione del rischio da parte di chi assicura l’assistenza; evitare che il secondo pilastro sostituisca i Lea; evitare il ticket in partecipazione mutualistica”.
Precariato e giovani medici. Per risolvere questa criticità, secondo il neo presidente, bisogna espletare rapidamente i concorsi per stabilizzare i titolari di contratti atipici e arrivare alle assunzioni necessarie al Ssn. “Al medico specialista, vincitore di concorso pubblico va l’affidamento, fin dal momento dell’assunzione, di un incarico professionale di cui alla lett. c) art. 27 del Ccnl – ha spiegato – va prevista, inoltre, l’assunzione, con concorso pubblico e limitatamente ad una percentuale predefinita, di medici non specialisti o specializzandi nelle aree funzionali di medicina e di chirurgia con inquadramento dirigenziale alla lett. d) art, 27 del Ccnl e possibilità di completare il percorso specialistico, nelle strutture sanitarie per la successiva progressione di carriera. In ogni caso Cimo rifiuta qualsiasi ipotesi di inquadramento dei giovani medici in un livello che non sia di tipo dirigenziale”.
La libera professione, perché è un diritto del medico. “Basta col pregiudizio che considera l’intramoenia l’unico strumento per aggirare le liste di attesa attribuendo penalizzazioni ai medici per inadempienze non dipendenti dalla loro volontà”. “Se davvero lo Stato ha interesse a ridurre i tempi di attesa – ha sottolineato il neo presidente – deve sburocratizzare la macchina organizzativa delle aziende sanitarie, deve eliminare il ‘pizzo’ amministrativo che il cittadino è costretto a pagare ogni qualvolta si rivolge al professionista, deve assicurare una maggiore competitività delle strutture sanitarie per evitare ogni forma di sanità low cost anche allargando l’offerta sanitaria ai Fondi sanitari integrativi attraverso specifiche convenzioni con le strutture sanitarie pubbliche secondo nuovi standard che garantiscano tempi di attesa certi e qualità delle prestazioni”.
Modelli organizzativi. No alle sperimentazioni e si alle certezze sui modelli organizzativi a cominciare da una forte organizzazione dipartimentale. Questa la linea del sindacato delineata da Quici. “Il lavoro del medico è fortemente condizionato dai contesti organizzativi ospedalieri o territoriali e di emergenza urgenza – ha spiegato – per l’Assistenza Ospedaliera, che si tratti di ospedali organizzati per intensità di cure o per agglomerati funzionali omogenei o per dipartimenti, emerge la consapevolezza di dover chiarire le ‘regole del gioco’ che sono alla base delle dinamiche interne di ogni attività ospedaliera; ‘regole’ che devono essere applicate in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Questo significa che la certezza dei ruoli e delle responsabilità non può essere messa in discussione da modelli sperimentali, né tantomeno da un comma, il 566, mal scritto ed inapplicabile, che tende a destabilizzare lo stato giuridico del personale sanitario. Diventa, quindi fondamentale abbandonare le ‘mode’ e concentrarsi su cose concrete ad iniziare da una forte organizzazione dipartimentale. In questa fase il modello di ospedale per intensità di cure è del tutto inapplicabile”.
Per il Sistema di Emergenza-Urgenza,altra criticità del Ssn, serve una rete unica dell’emergenza per garantire l’uniformità dell’assistenza, e definire, in un ruolo unico, la figura del medico: dalla presa in carico del paziente, alla sua gestione, fino al trattamento delle patologie e dei traumi tempo-dipendenti. Per la Medicina territoriale occorre accelerare sulle Cure Primarie, potenziare l’Assistenza Domiciliare Residenziale e Semiresidenziale, rendere operativo il Piano nazionale delle Cronicità, ma, soprattutto, implementare, in ambito distrettuale, nuovi standard organizzativi.
But last not least la costruzione di nuove alleanze. Su questo punto Cimo si propone come un interlocutore privilegiato nel rappresentare, in sede contrattuale, i bisogni della Comunità Scientifica attraverso soluzioni tese a valorizzare e difendere la professione medica. Ovviamente Sindacato e Società Scientifica conserveranno, ciascuna, la propria autonomia, ma saranno complementari l’uno all’altra su tematiche di comune interesse.