Contratti, Cimo e Fesmed unificano piattaforme: ora si premi merito
All’indomani dell’uscita della direttiva Madia che detta le regole trattare il nuovo contratto ospedalieri, i sindacati Cimo e Fesmed, da circa un anno federati, studiano una piattaforma comune. Al termine di una due giorni di formazione e studio sui temi contrattuali, il presidente Cimo Riccardo Cassi conferma: «Con il sindacato guidato da Giuseppe Ettore ci riconosciamo sui principi di autonomia professionale del medico, vigiliamo affinché i contratti valutino merito e competenze, e per favorire una libera professione che è un plus per cittadino e struttura. Non ci dividono differenze sostanziali, quasi certamente presenteremo insieme linee guida per il contratto». Cassi si sofferma poi sulla direttiva del ministro che, sul contratto di 3,2 milioni i pubblici dipendenti, conferma stanziamenti da 300 milioni per il 2016, 900 per il 2017 e 1200 per il 2018. A fare una divisione grossolana si tratterebbe di aumenti da 13 euro/mese medi per l’anno scorso, 23 per questo e 30 per il prossimo. Siamo molto lontani dagli 85 euro mensili promessi in busta paga nell’accordo di novembre tra ministro e Cgil Cisl e Uil, «ma già per quest’anno il Ministro afferma di poter salire a coprire il gap di 40 euro mensili con la Legge di Bilancio 2018», dice Cassi. Queste somme, già stanziate per il 2016 e 2017, andrebbero nel tabellare del medico e andrebbero a costituire una parte degli 85 euro mensili promessi. «Che a loro volta sono una media calcolata su tutti i dipendenti pubblici e da graduare diversamente a seconda che riguardi la dirigenza sanitaria o il comparto», dice Cassi.
Gli aumenti 2018 invece andranno sul salario accessorio che è la parte variabile dello stipendio. «Infatti -spiega Cassi – assomma la retribuzione minima unificata – la quale compensa le titolarità di incarichi, le indennità di struttura semplice e l’indennità di struttura complessa per ex primari – e la quota variabile di posizione che, aiutandosi con fondi aziendali, doveva premiare il merito del medico, ma i parametri dei contratti fin qui a nostro avviso non sono andati in questa direzione. C’è poi una terza voce che per i medici rispetto agli altri dipendenti pubblici è bassa, ed è l’indennità di risultato; il Ministro ci ha detto che stavolta punta sulla performance, accogliendo il nostro invito perché intende puntare delle risorse su questo tipo di valutazione. Con due avvertenze da parte nostra: primo, il medico non nasce amministrativo e quindi il suo valore non può essere misurato solo sulla gestione ma anche sulla performance clinica; secondo, visto che si iniziano a chiudere strutture sulla base del decreto 70/2015 sugli standard ospedalieri, si eviti di premiare chi aveva bassa performance ma ha rispettato i budget e si puntino quelle risorse sull’eccellenza». A queste somme di fatto non va aggiunta l’indennità di vacanza contrattuale che è già percepita dal 2010 dopo la scadenza del vecchio contratto (acquisiti 26 euro) ed è poi stata relegata a quella cifra nel 2010 dalla legge Tremonti che bloccò tutti i contratti.
Torniamo al salario accessorio. La direttiva chiede ad Aran e sindacati un confronto su come meglio indirizzarlo: sul merito individuale o dell’equipe, ovvero su chi fa lavori usuranti, o sul ritorno agli scatti d’anzianità, o piuttosto sul premio agli apicali. Il Ministro indica alle parti di occuparsi anche del welfare dei pubblici dipendenti, della nuova disciplina delle assenze per malattia e del precariato. In quest’ultimo campo offre quattro linee di trattativa alternative: estensione del Welfare ai contratti a tempo determinato, apertura a considerare l’anzianità maturata nel tempo determinato una volta assunti “per sempre”, oppure vincolo a usare il tempo determinato entro il 20% di tutti i contratti, oppure derogare ai contratti di 36 mesi ove si assegnassero al camice mansioni di pari livello a un tempo determinato. A questo punto toccherà ad Aran e sindacati sciogliere i nodi, ma quando? Giorgio Cavallero segretario Cosmed sottolinea che la situazione è resa anomala dal fatto che il finanziamento definitivo del contratto verrà dalla prossima legge di bilancio per il 2018. Poi sottolinea il nodo della detassazione del salario accessorio: «La Direttiva ammette che l’eventuale estensione al servizio pubblico di regimi fiscali agevolati, determinando minor gettito erariale, necessita di un intervento di carattere legislativo”, e così smentisce alcune interpretazioni entusiastiche dell’accordo del 30 novembre 2016 (con Cgil Cisl e Uil ndr).La detassazione è stato l’elemento decisivo per il varo dei contratti nel settore privato, sarebbe grave, discriminatorio e anticostituzionale, che fosse negata ai dipendenti pubblici». «In sostanza – conclude Cassi – soffriamo di un contratto che nasce da uno status giuridico vecchio di 20 anni, e cerchiamo, un po’ “controvento” anche per l’alta età media dei medici dirigenti, di adeguarlo ai tavoli di trattativa».