Emergenza pronto soccorso: nel 60% delle strutture oltre 12 ore di attesa per un ricovero
Malati curati a terra a Nola. Sospesi i dirigenti della struttura e aperta indagine interna. Si torna a parlare delle carenze nel settore sanitario. Ma i camici bianchi non ci stanno e in loro difesa interviene il Ministro Lorenzin: «Medici eroi». Tonino Aceti, Tdm Cittadinanzattiva: «Il Pronto Soccorso è un punto di riferimento irrinunciabile»
Sovraffollamento, poco personale, posti letto insufficienti, scarsa attenzione al paziente e cronici problemi di comunicazione. Carenze gravi che affliggono non pochiospedali italiani e che sono emerse all’attenzione mediatica proprio in questi giorni, in seguito al caso dell’ospedale di Nola. Nell’ospedale di Santa Maria della Pietà nel napoletano è stata denunciata una situazione inammissibile: pazienti assistiti a terra per mancanza di barelle e letti disponibili.
A denunciare questa condizione, in conseguenza al problema sollevato a Nola, è il deputato Paolo Russo (FI), che ha annunciato un’interrogazione parlamentare. Intanto il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha sollecitato l’avviamento di un’indagine interna e il Ministero della Salute ha inviato i carabinieri del Nas per un’ispezione nell’ospedale incriminato. Per adesso sono stati sospesi i dirigenti della struttura tra cui il Direttore Sanitario Andrea De Stefano che spiega: «Bisogna capire che eravamo in piena emergenza. Un’emergenza senza precedenti da queste parti. Qui arrivano persone dall’Agro sarnese, dal Vesuviano, dal Nolano, dall’Avellinese, dall’Acerrano, per un’utenza di circa 300 mila persone. Ma i medici fanno il loro dovere, e danno assistenza nel migliore dei modi possibili, considerando anche che l’ospedale ha 107 posti letto a disposizione, e ne sarebbero necessari, nella norma, almeno il doppio».
In difesa dei medici scende in campo il Ministro Beatrice Lorenzin: «Medici, infermieri ed operatori che operano in queste condizioni sono eroi. Eroi che fanno il proprio lavoro e quando arriva un malato hanno il diritto ed il dovere di curarlo. Ritengo invece che vedere pazienti sdraiati a terra è il segno di un fenomeno di un problema organizzativo su cui deve esser fatto un chiarimento molto serio perchè nella regione Campania i piani sono stati fatti e gli atti amministrativi anche e le reti sono state disegnate. Sta poi a chi le deve realizzare e monitorare verificare che ciò venga fatto bene e nel modo più appropriato».
A sostenere la tesi del Ministro anche Anaao Assomed che in una nota spiega: «Ogni volta la politica si chiama fuori, dimenticando i 70.000 posti letto che negli ultimi 10 anni, sono stati tagliati in assenza di una contestuale riforma delle cure primarie. O le condizioni di lavoro di migliaia di medici, spesso precari, che mettono la loro faccia davanti alle attese dei cittadini, vittime di un blocco del turnover senza fine che lucra sul loro lavoro professionale».
A partecipare al dibattito anche CIMO : «L’episodio di Nola è l’ultimo di una lunga serie che ha visto, a rotazione negli anni precedenti, coinvolti tutti gli ospedali della Campania, lo stesso De Luca ricorderà la questione delle barelle nel Cardarelli che tuttora non è ancora del tutto risolta. Ma ciò che veramente fa rabbia e vedere ildisagio dei pazienti che si rivolgono alle strutture sanitarie e la caccia al colpevole che, come al solito, vede protagonista il medico, quale ultimo “terminale”molto spesso oggetto anche di aggressioni come successo qualche giorno fa a Catania. E questo contesto è stato ben compreso dal Ministro Lorenzin che ha sottolineato proprio stamattina il grave disagio dei medici».
Già nei mesi scorsi la situazione di estrema sofferenza degli ospedali italiani era stata evidenziata dal monitoraggio sui Pronto soccorso italiani presentato dal Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu). La rilevazione è stata svolta tra il 2015 e il 2016 su un campione di 93 strutture di emergenza-urgenza, con interviste a 2944 persone tra pazienti e familiari. Il dato più significativo che emerge dal report è che nel 60% delle strutture sono previste oltre 12 ore di attesa per un ricovero. Più nel dettaglio, dall’analisi risulta che si superano i due giorni di attesa per il ricovero in reparto nel 38% dei Dipartimenti di emergenza urgenza (Dea) di II livello e nel 20% nei Pronto Soccorso. L’attesa massima è stata invece di 7 giorni nei reparti Osservazione breve intensiva, che sono nuove strutture previste dal Regolamento sugli Standard qualitativi sull’assistenza ospedaliera. L’Obi però non è ancora presente ovunque, manca infatti nel 40% dei Pronto soccorso.
Altra percentuale rilevante riguarda privacy e riservatezza. Secondo l’indagine di TDMe Simeu il 30% dei pazienti in pronto soccorso non ha visto preservarsi privacy e riservatezza, e la procedura di rivalutazione del dolore in tutto il percorso del paziente al pronto soccorso viene svolta da poco più del 60% delle strutture monitorate.
«Il Pronto Soccorso rappresenta per i cittadini un punto di riferimento irrinunciabile – spiega Aceti -. Nel pronto soccorso il paziente nutre fiducia, mentre viene esplicitamente richiesta una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, il sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone». Inoltre in riferimento al caso di Nola, Aceti osserva quanto sia «inaccettabile vedere persone curate per terra sulle coperte. Più che una struttura delServizio Sanitario Nazionale sembra un ospedale da campo. La dignità della persona e del malato è stata fortemente penalizzata, se non mancata del tutto nel percorso di cura e assistenza in questi due giorni».
«È di fondamentale importanza – conclude Maria Pia Ruggieri, presidente nazionaleSimeu interpellata sulla questione – che medici, infermieri e pazienti con i loro familiari si sentano dalla stessa parte nella tutela e nella promozione dei prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale a partire proprio dall’emergenza, per il rafforzamento di una responsabilità collettiva verso il bene pubblico e di un forte senso di cittadinanza comune: questo è il significato ultimo del monitoraggio e della Carta dei diritti che abbiamo condiviso con il Tdm».
di Serena Santi