Stati generali della sanità, basta con tagli e definanziamenti. A rischio le prestazioni
«La tutela della salute pubblica è in capo allo Stato. Lo dice chiaramente il dettato costituzionale per come lo abbiamo riformato», ha detto Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, intervenuta durante i lavori degli Stati Generali. «L’articolo 117 – ha aggiunto – parla molto chiaramente di disposizioni generali e comuni fra lo Stato e le Regioni, non parla di autonomia e di una devoluzione alle Regioni della Sanità. Il lavoro fra lo Stato e le Regioni deve essere comune e le Regioni devono collaborare fra di loro». Così come, dunque, «non si può più andare avanti con 21 sistemi sanitari diversi tra loro», «non è possibile ci siano livelli di disuguaglianza così grandi fra regioni nel nostro Paese per cui il caso, cioè dove si nasce, è quello che determina la possibili di essere curati bene o essere curati male, di avere le prestazioni o di non averle: questo è intollerabile! Il servizio sanitario è Nazionale».
E tra le richieste del camici bianchi, anche l’autonomia, la libertà e la responsabilità della professione nella gestione dei percorsi diagnostico-terapeutici e delle strutture sanitarie; la difesa dei principi del Ssn equo, solidale e universalistico, che superi l’eccessiva parcellizzazione e frammentazione dei tanti modelli regionali indotti dalla revisione del Titolo V della Costituzione esitato in mero aumento della spesa sanitaria; un processo di ‘valorizzazione’ del lavoro professionale dopo anni di subalternità delle risorse umane a mere logiche di tenuta dei conti, di gestione del consenso politico, di svilimento dei valori di riferimento (autonomia, responsabilità, meritocrazia, trasparenza, formazione, sviluppo delle competenze) che sono il cuore dei servizi alla persona sana e malata. I medici chiedono ancora: di evitare gli eccessi di una politica sanitaria assoggettata alle esigenze economico-finanziarie, particolarmente gravose per le Regioni sottoposte a piani di rientro; lo sviluppo di modelli organizzativi che facilitino le relazioni e l’integrazione tra sistemi e tra professionisti, garantendo una equilibrata ed efficace gerarchia funzionale; di rendere la sicurezza per pazienti e operatori una garanzia del sistema; che i sistemi di segnalazione degli eventi avversi e dei ‘quasi errori’ non abbiano carattere punitivo, per essere strumenti sempre più utili a migliorare la cultura della sicurezza dei pazienti; di rendere attrattive per i professionisti le cosiddette ‘periferie’, facendo in modo che vi sia un equo accesso ai servizi per tutti i cittadini.
Ma non solo richieste. Nella seconda parte del Manifesto presentato agli Stati generali della professione, ci sono anche gli impegni che i medici ribadiscono di prendere. Ovvero: salvaguardia dell’ambiente e del welfare in quanto elementi fondamentali a tutela della salute e di grande coesione sociale; perseguire l’appropriatezza delle prescrizioni diagnostiche e terapeutiche, ispirata alle evidenze scientifiche e alla medicina basata sul valore, che tenga conto della specificità clinica, psicologica, affettiva, culturale, etnica e sociale della singola persona ammalata rinsaldando l’alleanza terapeutica, nel rispetto dei diritti sanciti dalla Carta costituzionale e del Codice di deontologia medica, portando a sintesi le evidenze scientifiche con la personalizzazione delle cure. E ancora, fra gli impegni dei camici bianchi: favorire un ruolo attivo dei pazienti nei percorsi di cura e di assistenza anche attraverso l’educazione sanitaria e l’informazione; garantire approcci multidisciplinari nei trattamenti medici rafforzando la coesione e la coerenza del percorso clinico-assistenziale del paziente; promuovere lo sviluppo di sistemi di confronto su prestazioni ed esiti in dimensione nazionale e internazionale, per favorire la credibilità delle organizzazioni e dei professionisti; favorire l’adesione a regole e raccomandazioni condivise, sostenute da evidenze scientifiche, innovative rispetto ai comportamenti tradizionali. Sempre tra gli impegni dei medici: promuovere una leadership funzionale capace di coniugare l’unitarietà, l’armonia, la qualità e l’efficacia degli esiti dell’intero processo clinico assistenziale, tenendo conto delle molteplici autonomie e competenze tecnico-professionali in una matrice di responsabilità e potestà che si riconoscono nella sola centralità della tutela della salute della persona sana e malata; avere maggiore attenzione all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per garantire adeguati standard di qualità ed equità. Infine: superare immotivate frammentazioni professionali; erigere un baluardo contro la ciarlataneria, difendendo il metodo scientifico dalla dominante irrazionalità e garantendo un intreccio di saperi adeguato alle esigenze della scienza e della società; favorire l’accreditamento istituzionale delle società scientifiche depositarie del ricco bagaglio culturale delle conoscenze aggiornate per un moderno esercizio professionale tendente a una sempre maggiore qualità nella tutela della salute dei cittadini.
Rossella Gemma