Responsabilità patrimoniale, medici sulle barricate (Il Sole 24 Ore Sanità)
La responsabilità patrimoniale in capo ai medici prescrittori inappropriati? Una boutade nel migliore dei casi, un terremoto capace di scardinare il rapporto medico-paziente e la stessa credibilità e sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, già gravemente provato da una stagione di tagli. Cui le Regioni starebbero dando il colpo finale con l’ulteriore sforbiciata da 2,3 miliardi attesa allo showdown finale di giovedì 23 aprile. I medici convenzionati e ospedalieri d’Italia alzano le barricate e promettono battaglia «fianco a fianco con i cittadini», contro l’emendamento inserito nell’ultima versione dell’Intesa Stato-Regioni che prevede «misure più stringenti per porre rimedio al danno causato da prescrizioni non appropriate, stabilendo che la responsabilità del prescrittore è patrimoniale, in analogia a quanto già previsto (…) per il farmaco indebitamente prescritto, non intervenendo sul trattamento economico accessorio». E plaudono allo stop immediatamente arrivato dalla ministra Lorenzin rispetto alla proposta dei governatori. Senza escludere manifestazioni di piazza e di sensibilizzazione dei pazienti, nel caso in cui la proposta dovesse “andare avanti”. Manifestazioni che chissà se saranno unitarie, considerato che una parte delle sigle (Aipac, Cisl Medici, Fassid, Fp Ccil Medici, Snami, Smi, Simet, Snr, Uil Fpl), pur contestando la misura, non sarebbe stata invitata alla conferenza stampa convocata dalla Fimmg per contrastare l’emendamento sulla responsabilità patrimoniale.
«Le Regioni continuano, in definitiva, a scaricare la responsabilità dei costi e dell’inefficienza sui cittadini. Senza decidersi a scegliere politiche sanitarie adeguate ed efficaci che sventerebbero il rischio medicina difensiva, fuga delle assicurazioni e ulteriori esborsi “out of pocket” che inevitabilmente si configurerebbe imputando ai medici anche la responsabilità patrimoniale», attacca intanto Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg. Che continua: «Basti pensare che già oggi il medico per una singola prescrizione deve tenere conto di 739 variabili, molte di più delle 150 che deve considerare un giocatore di scacchi. Se passasse l’emendamento delle Regioni, ci troveremmo da una parte a prescrivere più prestazioni per avitare eventuali cause successive, spalmandole tra ricettario rosso e bianco».
Il camice bianco come un «vaso di coccio», aggiunge Roberto Lala (Sumai e presidente dell’Ordine dei medici di Roma): costretto nel suo operato a essere da un lato “iper prudente” (per l’incombere delle aule di tribunale) e dall’altro “iper appropriato” (per l’imcombere della burocrazia). Tutto ciò, in un contesto in cui fragilità e cronicità impongono un’attenzione e un’intensità prescrittiva sempre crescenti.
Per Costantino Troise, segretario nazionale Anaao, il principale sindacato degli ospedalieri, tutto il documento delle Regioni al capitolo appropriatezza è assurdo: «Si parla di tagli per 68 milioni – spiega – ma è già stato tagliato tutto il tagliabile. L’unica ricetta possibile è riportare il pieno controllo della sanità e del Ssn in capo al Governo, perché oggi il Federalismo sta dimostrando in pieno la sua crisi. Chiediamo che alle professioni sia assegnato il ruolo che naturalmente compete loro: disponiamo di organi, capacità e competenze nostre per valutare quali siano le scelte migliori, anche in ambito prescrittivo».
Per Giuseppe Lavra (segretario regionale Cimo Lazio), è a rischio lo stesso articolo 32 della Costituzione. «Va modificato il Titolo V perché le Regioni hanno fallito totalmente nella gestione della Sanità. L’unica ricetta possibile è riattribuire ai medici il loro ruolo, piuttosto che accerchiarli con misure come il comma 566 della legge di Stabilità, che confonde le competenze con quelle degli infemieri».
Ultimi, ma non certo inordine d’importanza, i pediatri della Fimp, che con Paolo Biasci rivendicano la necessità di avere le mani libere anche in considerazione dei criteri di medicina d’iniziativa e interventi preventivi che dovrebbero guidare il loro operato nel rapporto con genitori e piccoli pazienti.
Sulla stessa linea le altre sigle, secondo cui «la sciagurata scelta delle Regioni di accettare ulteriori tagli alla sanità comporterà inevitabilmente una riduzione delle prestazioni per i cittadini meno abbienti, e con la proposta di far pagare ai medici le inappropriatezze, si romperà il rapporto di fiducia e si imporrà una medicina patrimoniale e difensiva a danno della tutela della salute.Dopo 30 miliardi di tagli, dopo sei anni senza contratti e convenzioni – spiega per tutti Massimo Cozza (Fp Cgil-Medici) dopo le promesse non mantenute di una legge sulla responsabilità professionale, siamo arrivati al punto più drammatico di attacco alla sanità pubblica, ai medici ed agli operatori sanitari. Crediamo pertanto che siano sbagliate le scelte solitarie di rivendicazione di una parte dei sindacati medici e che vi sia la necessità della più ampia unità possibile di chi crede nella sanità pubblica».
A muoversi, infine, è anche la politica. «Responsabilità patrimoniale e prescrizione inappropriata, un matrimonio che non s’ha da fare!», invoca Raffaele Calabrò, capogruppo Ncd in commissione Affari sociali della Camera. «Impostare la lotta all’inappropriatezza, utilizzando armi punitive e di natura esclusivamente ragionieristica rischia effettivamente di far saltare l’alleanza terapeutico medico-paziente,nonché di sminuire il Mmg che, qui come in altri paesi, svolge un’importante ruolo di gatekeeper». Da qui la proposta di sfruttare la prossima conferenza Stato Regioni come «l’occasione buona per le Regioni e il Governo di elaborare linee guida sull’appropriatezza, stabilendo per ogni patologia la tempistica, la frequenza degli esami e l’indirizzo farmacologico, fermo restando che i possibili discostamenti dalle linee guida devono essere debitamente giustificate dal Medico di Medicina Generale», prosegue Calabrò.(di Barbara Gobbi)