Scopri i servizi di Cimo
Scopri tutti i servizi che CIMO offre ai suoi associati
Vai alla pagina dei servizi Cimo[/av_tab_item][av_tab_item title="I vostri quesiti" icon="fa-hand-o-up"]
Sottoponi il tuo quesito all’esperto
Il servizio è ad accesso esclusivo per gli iscritti alla CIMO;
la Segreteria Nazionale verificherà l’effettiva iscrizione ed autorizzerà l’invio della risposta al quesito.[/av_tab_item][av_tab_item title="Iscriviti alla CIMO" icon="fa-file"]CIMO Il Sindacato dei Medici – rappresenta i medici, i veterinari e gli odontoiatri in servizio ed in quiescenza.
Scarica subito il modulo per l’iscrizione![/av_tab_item][/av_tabs]
IN EVIDENZA
Le 10 ragioni dello sciopero dei medici: dall’assenza di un piano di assunzioni agli illusori aumenti di stipendio
Quici (CIMO-FESMED): «Una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite ed esami inaccessibili nella sanità pubblica»
Roma, 25 ottobre 2024 - «Ogni anno, puntualmente, la legge di bilancio si rivela una doccia fredda per la sanità pubblica, e quindi per i cittadini e per il personale sanitario. Quello di illudere pazienti e professionisti della salute con mirabolanti promesse per poi ritrovarsi con in mano un piatto di lenticchie è uno sport politico che non siamo più disposti ad accettare. E allo stesso modo risulta una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite mediche private, analisi, TAC e risonanze magnetiche che risultano inaccessibili nella sanità pubblica» dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED.
«Il 20 novembre, allora, medici e infermieri sciopereranno e manifesteranno a Roma perché sono stufi di proclami che, puntualmente, non hanno seguito. Fare di tutto per spingere i medici ad abbandonare la sanità pubblica rappresenta un inaccettabile voltafaccia, o il frutto di un piano ben preciso volto ad arricchire - sulle spalle dei malati - il privato, le assicurazioni, le cooperative e le multinazionali della salute».
Sono almeno dieci le ragioni che hanno spinto il sindacato a proclamare lo sciopero:
- Erano stati annunciati 3,7 miliardi per la sanità pubblica: il prossimo anno ne arriveranno 1,3, sufficienti a malapena a finanziare i rinnovi dei contratti del personale sanitario, lasciando dunque briciole al miglioramento dell’assistenza sanitaria offerta ai cittadini.
- Erano state promesse 30mila assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, ma la legge di Bilancio non ne prevede alcuna. E senza assunzioni sarà impossibile ridurre il carico di lavoro dei dipendenti e migliorare quindi le condizioni lavorative negli ospedali, oggi inaccettabili.
- Erano stati previsti, nella precedente legge di Bilancio, 200 milioni per i medici dipendenti per ridurre le liste d’attesa, ma si sta lavorando per ridurre del 50% il finanziamento a favore dei medici specialisti ambulatoriali interni.
- Era stata assicurata la defiscalizzazione al 15% dell’indennità di specificità medica, un riconoscimento vero della peculiarità della professione. Invece non è prevista alcuna defiscalizzazione ma solo lo stanziamento di un misero finanziamento aggiuntivo che porterà nelle tasche dei medici circa 17 euro mensili. Una vera elemosina che offende tutta la categoria.
- Era stata prevista la defiscalizzazione al 15% delle prestazioni aggiuntive, ma numerose aziende si rifiutano di applicarla in attesa di una circolare del MEF che non promette nulla di buono.
- Erano stati garantiti importanti miglioramenti sul fronte della responsabilità professionale per far lavorare i medici con maggiore tranquillità; invece, i risultati non ancora ufficiali della Commissione D’Ippolito appaiono estremamente fumosi e poco efficienti.
- Era stata dichiarata guerra contro i cosiddetti medici gettonisti, e invece il Governo ha proposto un Disegno di Legge che intende contrastarli attraverso il ricorso a contratti precari co.co.co.
- Erano state stanziate dallo Stato, negli anni passati, molte risorse in favore del personale sanitario, che tuttavia risultano ancora trattenute dalle Regioni. Non possono meravigliare, poi, le iniziative di alcune di esse che anticipano gli effetti dell’autonomia differenziata sul mercato del lavoro, elargendo premi di produzione extra contrattuali.
- Era stato promesso un vero finanziamento per la sanità pubblica, e invece ogni provvedimento adottato dal Governo aumenta le risorse destinate alla sanità privata, senza tenere in considerazione lo scandaloso dumping salariale tra medici del pubblico e medici dipendenti di aziende private, molti dei quali attendono il rinnovo del contratto di lavoro da 20 anni.
- Era stato annunciato il rispetto dei contratti di lavoro ed il rinnovo dei CCNL entro la scadenza; invece stiamo riscontrando numerose difficoltà nella corretta applicazione del CCNL 2019-2021 nelle aziende, in particolare degli articoli che riguardano l’orario di lavoro, nel tentativo di continuare a lucrare sulle ore lavorate a titolo gratuito. Al contempo siamo ancora in attesa dell’emanazione dell’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il CCNL della dirigenza medica e sanitaria 2022-24, che scadrà tra due mesi.
«Con questo scenario, non possiamo che condividere la scelta di chi decide di abbandonare la sanità pubblica. La Federazione CIMO-FESMED sarà dalla sua parte, e offrirà ogni possibile aiuto per supportare l’uscita dal SSN», conclude Quici.
LEGGE BILANCIO DELUDENTE PER MEDICI, DIRIGENTI SANITARI, INFERMIERI E PROFESSIONISTI EX LEGGE 43/2006: SCIOPERO NAZIONALE E MANIFESTAZIONE A ROMA MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE
Roma, 23 ottobre 2024 - Il testo della Legge di Bilancio per il 2025 conferma la riduzione del finanziamento per la sanità rispetto a quanto annunciato nelle scorse settimane e cambia le carte in tavola rispetto a quanto proclamato per mesi.
La manovra prevede un aumento dell’indennità di specificità medica sanitaria di 17 euro nette per i medici e 14 euro netti per i dirigenti sanitari per il 2025, 115 euro nel 2026 per i medici e zero per i dirigenti sanitari, mentre nelle tasche degli infermieri arriverebbero per il 2025 circa 7 euro e per il 2026 circa 80 euro, e non va meglio per le altre professioni sanitarie ex legge 43/2006. Peraltro si parla di risorse legate, per la maggior parte, a un contratto la cui discussione inizierà solo tra almeno due anni, e che arriveranno nelle tasche degli interessati chissà quando.
Insomma in sostanza briciole che offendono l’intera categoria.
I sindacati Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up, confermando la manifestazione del 20 Novembre, proclamano lo sciopero nazionale di 24 ore nella stessa giornata di medici, dirigenti sanitari, infermieri e professioni sanitarie ex legge 43/2006.
L’aumento di 1,3 miliardi del Fabbisogno sanitario nazionale nel 2025 – ben distante dai 3,7 miliardi annunciati - non è sufficiente a ridare ossigeno a un SSN boccheggiante. L’incremento delle borse di specializzazione meno richieste, sebbene apprezzabile, non sarà di certo sufficiente a convincere i giovani medici ad iniziare un percorso formativo che li porterà a lavorare in condizioni inaccettabili; si è persa traccia del piano straordinario di assunzioni e dello sblocco del tetto di spesa per il personale. Si continua a rimandare ad un futuro più o meno prossimo la soluzione di un’emergenza che invece medici e infermieri vivono oggi, e che necessita oggi di provvedimenti realmente risolutivi.
«Non possiamo restare in silenzio dinanzi all’ennesima presa in giro del personale sanitario e dei cittadini, dinanzi alle giravolte del Ministero dell’Economia che vanificano gli sforzi del Ministero della Salute e al voltafaccia di coloro che lavorano per spingere il personale sanitario ad abbandonare la sanità pubblica - dichiarano Pierino Di Silverio, Segretario Anaao Assomed, Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, Presidente Nursing Up -. Quelli annunciati prima della firma della manovra erano provvedimenti che, sebbene non risolutivi, avrebbero potuto rappresentare dei segnali di attenzione nei confronti di medici e infermieri dipendenti del SSN. E invece ci troviamo di fronte agli ennesimi proclami sensazionalistici a cui fa seguito una realtà deludente e a dir poco imbarazzante, che ci costringe ad alzare gli scudi per difendere il Servizio sanitario nazionale, l’istituzione più preziosa di questo Paese, e i suoi professionisti».
«Non possiamo essere complici dell’ormai evidente smantellamento del Servizio sanitario nazionale. Il personale scappa quotidianamente dagli ospedali pubblici, le liste d’attesa sono interminabili, le aggressioni e le denunce sono all’ordine del giorno, e si continua a destinare pochi spiccioli alla sanità pubblica, che peraltro poi non vengono spesi in modo corretto dalle Regioni, e ad aumentare i finanziamenti per la sanità privata, che si arricchisce spudoratamente sulle spalle degli infermieri e dei medici dipendenti, che attendono da quasi 20 anni il rinnovo del contratto, guadagnando sino al 47% in meno rispetto ai colleghi del pubblico».
«Non possiamo rassegnarci alla ormai lampante privatizzazione della sanità, e alzeremo la voce per portare anche i cittadini dalla nostra parte. In gioco non ci sono solo dei dovuti riconoscimenti per il personale sanitario, necessari ad impedire lo svuotamento degli ospedali; in gioco c’è la tutela della salute di tutti noi», concludono Di Silverio, Quici e De Palma.
CIMO in audizione sul Ddl Prestazioni sanitarie: «Su liste d’attesa intervento apprezzabile ma non risolutivo»
Il sindacato: «Serve un intervento legislativo di respiro più ampio, che ripristini l’offerta sanitaria tagliata negli ultimi 20 anni»
Roma, 22 ottobre 2024 – «Sebbene sia apprezzabile l’intento del Governo di approcciare il problema dei tempi d’attesa per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, occorre evidenziare con forza che senza un vero rilancio dell’offerta sanitaria ogni provvedimento risulterà un palliativo». Con queste parole Guido Quici, Presidente della CIMO, sintetizza la posizione assunta dal sindacato dei medici nel corso dell’audizione che si è svolta nel pomeriggio presso la Commissione Sanità del Senato sul disegno di legge n. 1241 “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria”.
Il disegno di legge, oltre a riaffermare con forza il ruolo esclusivo del medico nella diagnosi, prognosi e terapia, introduce nuove misure volte a garantire l’accesso omogeneo ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) a tutti i cittadini. Tra gli strumenti previsti, sono senz’altro apprezzabili l’istituzione del Sistema Nazionale di Governo delle Liste di Attesa, utile a misurare in modo uniforme i tempi di attesa e a supportare la programmazione sanitaria, e l’Osservatorio nazionale delle liste di attesa, la cui composizione è definita in questo ddl. Tuttavia, la CIMO si ritiene rammaricata dall’assenza di rappresentanti dei professionisti sanitari da entrambi i tavoli: «Crediamo sia difficile – spiega Quici - fare a meno della funzione di sentinella di chi quotidianamente frequenta corsie e ambulatori, dove le carenze e le difficoltà si sperimentano sulla pelle dei pazienti».
«Per quanto riguarda le misure relative al personale – aggiunge Quici -, si ha la percezione di volere eludere il vero problema. Infatti non si prevede l’assunzione di personale a tempo indeterminato, ma si incentra la soluzione alla carenza di medici sulle prestazioni aggiuntive degli specialisti ambulatoriali e sull’offerta di contratti precari a personale sanitario e specializzandi. Anzi, si fa di più e di peggio: il 50% dei fondi stanziati dalla legge 213 del 30 dicembre 2023 per finanziare l’incremento della tariffa per le prestazioni aggiuntive dei dirigenti medici dipendenti del SSN “al fine di ridurre le liste d’attesa” viene utilizzato per pagare le prestazioni aggiuntive degli specialisti ambulatoriali interni. In questo modo si vanificano tutti gli sforzi compiuti fino ad oggi per rendere più attrattivo il lavoro negli ospedali e frenare la fuga dei medici dalla sanità pubblica, tra le reali cause delle liste d’attesa».
Vengono poi aumentati ulteriormente i fondi per la sanità privata accreditata, senza tuttavia adeguare il trattamento dei medici dipendenti alla quantità e alla qualità del lavoro: «Considerato che la gran parte delle strutture private accreditate non sigla contratti di lavoro per i medici dipendenti da circa 20 anni – spiega il Presidente CIMO -, al fine di porre fine all’odioso fenomeno del dumping salariale tra medici dipendenti pubblici e medici dipendenti privati, risulta indispensabile subordinare l’accesso a tali fondi alla conclusione di contratti collettivi aggiornati e adeguati alle necessità contingenti».
«Il sindacato CIMO – conclude Quici – ritiene che per ridurre i tempi di attesa per l’accesso ai LEA occorra un intervento legislativo organico, di carattere generale e di respiro più ampio, che porti alla soluzione delle vere cause dei tempi di attesa: la carenza di personale e di posti letto, di ambulatori e di strutture. Bisogna dunque rilanciare l’offerta sanitaria investendo nel Servizio sanitario nazionale e riformandone l’organizzazione in modo strutturale».
CIMO-FESMED: «Gli interventi sul personale sanitario non possono essere rateizzati»
Il sindacato dei medici: «Attendiamo il testo per chiarire non pochi dubbi sulle modalità di finanziamento della sanità»
Roma, 16 ottobre 2024 – La Federazione CIMO-FESMED attende di esprimere un giudizio complessivo sul Disegno di Legge di Bilancio 2025 approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri. Il sindacato dei medici riconosce infatti la buona volontà del Ministro Schillaci, che sembrerebbe riuscito ad ottenere l’adozione di alcune delle richieste avanzate dal sindacato: il piano di assunzioni e lo sblocco del tetto di spesa, che consentiranno di dare una boccata d’ossigeno al personale sanitario, e la defiscalizzazione dell’indennità di specificità, che va incontro alla necessità di aumentare le retribuzioni per rendere più attrattivo il lavoro nella sanità pubblica.
Tuttavia, le dichiarazioni rilasciate dal Ministro Giorgetti in conferenza stampa questa mattina, che confermano il mantenimento della percentuale della spesa sanitaria rispetto al PIL, fanno ipotizzare che soltanto 900 milioni circa sarebbero disponibili per la sanità nel 2025, oltre al miliardo previsto dalla legge di bilancio dello scorso anno, rimandando dunque al 2026 la disponibilità di quasi 3 miliardi. Questo, tra l’altro, giustificherebbe la diluizione in più fasi sia del piano di assunzione del personale che della defiscalizzazione dell’indennità di specificità.
Inoltre se, come sembra, le risorse destinate alla sanità proverranno dall’anticipo sulle future imposte pagate da banche e assicurazioni, si tratterebbe di finanziamenti non strutturali, come invece devono essere quelli necessari agli interventi sul personale.
«Ci auguriamo poi – dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED - che gli effetti della defiscalizzazione dell’indennità di specificità siano immediati e di non dover attendere dunque la conclusione del contratto 2025-2027 per vedere gli aumenti in busta paga, considerando che l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative non è ancora stato emanato».
«I medici e i professionisti sanitari vivono oggi un grave disagio, e gli interventi per sanarlo non possono quindi essere rateizzati. Ci auguriamo che il testo della Legge di Bilancio smentisca i nostri dubbi, e che confermi invece le misure anticipate nei giorni scorsi dalla stampa. Altrimenti non potremo che sentirci, ancora una volta, presi in giro», conclude Quici.
Leggi tutte le notizie