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Contratto medici 2019-2021, solo il 59% delle aziende ha avviato le trattative integrative
I risultati di un’indagine condotta dalla Federazione CIMO-FESMED su 155 aziende mettono in luce numerose resistenze alla corretta applicazione del CCNL firmato a gennaio. E intanto si attende ancora l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il triennio 2022-2024
Roma, 5 novembre 2024 – I rinnovi e la corretta applicazione dei contratti dei medici dipendenti continuano ad essere una chimera, ostacolati da più parti per i più svariati motivi.
Se da una parte nella bozza di legge di Bilancio 2025 non c’è traccia degli accantonamenti per i rinnovi contrattuali del settore sanitario per il triennio 2025-2027, che sembrerebbero allocati interamente sul triennio 2028-2030, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome non ha ancora emanato l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il contratto 2022-2024, che scadrà tra meno di due mesi.
E intanto nelle aziende si stanno incontrando innumerevoli resistenze in merito all’applicazione del CCNL 2019-2021, firmato a gennaio. È quanto emerge da una indagine condotta su 155 aziende sanitarie ed ospedaliere d’Italia dal sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED (a cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) per verificare la corretta applicazione del contratto di lavoro integrativo aziendale: nonostante le tempistiche ben definite dal contratto, solo nel 59% dei casi è stata avviata la trattativa aziendale.
Sono inoltre poche le aziende che hanno aggiornato alcuni regolamenti, non obbligatori ma essenziali per la corretta applicazione del contratto: il regolamento sul conferimento degli incarichi è stato aggiornato solo nel 37% dei casi, quello sulle prestazioni aggiuntive nel 33% delle aziende, il regolamento sul piano delle emergenze nel 14% e quello sull’utilizzo delle risorse economiche nel 18%.
Le profonde innovazioni contrattuali riguardanti l’orario di lavoro risultano trattate con sufficienza, tant’è che solo nel 23% dei casi è stato aggiornato il regolamento – questo sì obbligatorio – sull’orario di lavoro, strettamente correlato agli obiettivi di budget, che sono ora commisurati alle risorse umane realmente presenti nelle aziende. Ma l’iter di budgeting risulta concluso in appena 39 aziende e, di queste, solo in 8 casi si è tenuto conto delle nuove modalità di attuazione dell’orario di lavoro.
«Un ritardo incomprensibile – commenta Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED - che potrebbe esporre a contenziosi le direzioni generali, che non potranno più richiedere ore di lavoro gratuite ai dirigenti né cancellare, come fatto in passato, milioni di ore lavorate in eccesso rispetto ai compiti istituzionali».
«Nella compilazione del questionario – aggiunge Quici - gran parte dei referenti aziendali della Federazione ha denunciato importanti difficoltà nella corretta applicazione delle disposizioni sull’orario di lavoro, sui fondi contrattuali e sull’affidamento degli incarichi, oltre ad una lentezza generalizzata nella conduzione della trattativa».
«Sono, questi, fattori che accentuano il malcontento dei professionisti e che risultano tra le motivazioni che ci hanno spinti a proclamare lo sciopero. Motivazioni che si aggiungono all’elemosina che ci è stata riconosciuta al posto della defiscalizzazione dell’indennità di specificità medica e all’assenza di un piano straordinario di assunzioni, della depenalizzazione dell’atto medico e di risorse sufficienti per migliorare l’offerta sanitaria. Uno sciopero necessario, anche alla luce di questi dati, per manifestare la rabbia di una intera categoria», conclude Quici.
ROMA, 20 NOVEMBRE 2024
SCIOPERO NAZIONALE E MANIFESTAZIONE
Pagina in aggiornamento
Le 10 ragioni dello sciopero dei medici: dall’assenza di un piano di assunzioni agli illusori aumenti di stipendio
Quici (CIMO-FESMED): «Una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite ed esami inaccessibili nella sanità pubblica»
Roma, 25 ottobre 2024 - «Ogni anno, puntualmente, la legge di bilancio si rivela una doccia fredda per la sanità pubblica, e quindi per i cittadini e per il personale sanitario. Quello di illudere pazienti e professionisti della salute con mirabolanti promesse per poi ritrovarsi con in mano un piatto di lenticchie è uno sport politico che non siamo più disposti ad accettare. E allo stesso modo risulta una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite mediche private, analisi, TAC e risonanze magnetiche che risultano inaccessibili nella sanità pubblica» dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED.
«Il 20 novembre, allora, medici e infermieri sciopereranno e manifesteranno a Roma perché sono stufi di proclami che, puntualmente, non hanno seguito. Fare di tutto per spingere i medici ad abbandonare la sanità pubblica rappresenta un inaccettabile voltafaccia, o il frutto di un piano ben preciso volto ad arricchire - sulle spalle dei malati - il privato, le assicurazioni, le cooperative e le multinazionali della salute».
Sono almeno dieci le ragioni che hanno spinto il sindacato a proclamare lo sciopero:
- Erano stati annunciati 3,7 miliardi per la sanità pubblica: il prossimo anno ne arriveranno 1,3, sufficienti a malapena a finanziare i rinnovi dei contratti del personale sanitario, lasciando dunque briciole al miglioramento dell’assistenza sanitaria offerta ai cittadini.
- Erano state promesse 30mila assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, ma la legge di Bilancio non ne prevede alcuna. E senza assunzioni sarà impossibile ridurre il carico di lavoro dei dipendenti e migliorare quindi le condizioni lavorative negli ospedali, oggi inaccettabili.
- Erano stati previsti, nella precedente legge di Bilancio, 200 milioni per i medici dipendenti per ridurre le liste d’attesa, ma si sta lavorando per ridurre del 50% il finanziamento a favore dei medici specialisti ambulatoriali interni.
- Era stata assicurata la defiscalizzazione al 15% dell’indennità di specificità medica, un riconoscimento vero della peculiarità della professione. Invece non è prevista alcuna defiscalizzazione ma solo lo stanziamento di un misero finanziamento aggiuntivo che porterà nelle tasche dei medici circa 17 euro mensili. Una vera elemosina che offende tutta la categoria.
- Era stata prevista la defiscalizzazione al 15% delle prestazioni aggiuntive, ma numerose aziende si rifiutano di applicarla in attesa di una circolare del MEF che non promette nulla di buono.
- Erano stati garantiti importanti miglioramenti sul fronte della responsabilità professionale per far lavorare i medici con maggiore tranquillità; invece, i risultati non ancora ufficiali della Commissione D’Ippolito appaiono estremamente fumosi e poco efficienti.
- Era stata dichiarata guerra contro i cosiddetti medici gettonisti, e invece il Governo ha proposto un Disegno di Legge che intende contrastarli attraverso il ricorso a contratti precari co.co.co.
- Erano state stanziate dallo Stato, negli anni passati, molte risorse in favore del personale sanitario, che tuttavia risultano ancora trattenute dalle Regioni. Non possono meravigliare, poi, le iniziative di alcune di esse che anticipano gli effetti dell’autonomia differenziata sul mercato del lavoro, elargendo premi di produzione extra contrattuali.
- Era stato promesso un vero finanziamento per la sanità pubblica, e invece ogni provvedimento adottato dal Governo aumenta le risorse destinate alla sanità privata, senza tenere in considerazione lo scandaloso dumping salariale tra medici del pubblico e medici dipendenti di aziende private, molti dei quali attendono il rinnovo del contratto di lavoro da 20 anni.
- Era stato annunciato il rispetto dei contratti di lavoro ed il rinnovo dei CCNL entro la scadenza; invece stiamo riscontrando numerose difficoltà nella corretta applicazione del CCNL 2019-2021 nelle aziende, in particolare degli articoli che riguardano l’orario di lavoro, nel tentativo di continuare a lucrare sulle ore lavorate a titolo gratuito. Al contempo siamo ancora in attesa dell’emanazione dell’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il CCNL della dirigenza medica e sanitaria 2022-24, che scadrà tra due mesi.
«Con questo scenario, non possiamo che condividere la scelta di chi decide di abbandonare la sanità pubblica. La Federazione CIMO-FESMED sarà dalla sua parte, e offrirà ogni possibile aiuto per supportare l’uscita dal SSN», conclude Quici.
LEGGE BILANCIO DELUDENTE PER MEDICI, DIRIGENTI SANITARI, INFERMIERI E PROFESSIONISTI EX LEGGE 43/2006: SCIOPERO NAZIONALE E MANIFESTAZIONE A ROMA MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE
Roma, 23 ottobre 2024 - Il testo della Legge di Bilancio per il 2025 conferma la riduzione del finanziamento per la sanità rispetto a quanto annunciato nelle scorse settimane e cambia le carte in tavola rispetto a quanto proclamato per mesi.
La manovra prevede un aumento dell’indennità di specificità medica sanitaria di 17 euro nette per i medici e 14 euro netti per i dirigenti sanitari per il 2025, 115 euro nel 2026 per i medici e zero per i dirigenti sanitari, mentre nelle tasche degli infermieri arriverebbero per il 2025 circa 7 euro e per il 2026 circa 80 euro, e non va meglio per le altre professioni sanitarie ex legge 43/2006. Peraltro si parla di risorse legate, per la maggior parte, a un contratto la cui discussione inizierà solo tra almeno due anni, e che arriveranno nelle tasche degli interessati chissà quando.
Insomma in sostanza briciole che offendono l’intera categoria.
I sindacati Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up, confermando la manifestazione del 20 Novembre, proclamano lo sciopero nazionale di 24 ore nella stessa giornata di medici, dirigenti sanitari, infermieri e professioni sanitarie ex legge 43/2006.
L’aumento di 1,3 miliardi del Fabbisogno sanitario nazionale nel 2025 – ben distante dai 3,7 miliardi annunciati - non è sufficiente a ridare ossigeno a un SSN boccheggiante. L’incremento delle borse di specializzazione meno richieste, sebbene apprezzabile, non sarà di certo sufficiente a convincere i giovani medici ad iniziare un percorso formativo che li porterà a lavorare in condizioni inaccettabili; si è persa traccia del piano straordinario di assunzioni e dello sblocco del tetto di spesa per il personale. Si continua a rimandare ad un futuro più o meno prossimo la soluzione di un’emergenza che invece medici e infermieri vivono oggi, e che necessita oggi di provvedimenti realmente risolutivi.
«Non possiamo restare in silenzio dinanzi all’ennesima presa in giro del personale sanitario e dei cittadini, dinanzi alle giravolte del Ministero dell’Economia che vanificano gli sforzi del Ministero della Salute e al voltafaccia di coloro che lavorano per spingere il personale sanitario ad abbandonare la sanità pubblica - dichiarano Pierino Di Silverio, Segretario Anaao Assomed, Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, Presidente Nursing Up -. Quelli annunciati prima della firma della manovra erano provvedimenti che, sebbene non risolutivi, avrebbero potuto rappresentare dei segnali di attenzione nei confronti di medici e infermieri dipendenti del SSN. E invece ci troviamo di fronte agli ennesimi proclami sensazionalistici a cui fa seguito una realtà deludente e a dir poco imbarazzante, che ci costringe ad alzare gli scudi per difendere il Servizio sanitario nazionale, l’istituzione più preziosa di questo Paese, e i suoi professionisti».
«Non possiamo essere complici dell’ormai evidente smantellamento del Servizio sanitario nazionale. Il personale scappa quotidianamente dagli ospedali pubblici, le liste d’attesa sono interminabili, le aggressioni e le denunce sono all’ordine del giorno, e si continua a destinare pochi spiccioli alla sanità pubblica, che peraltro poi non vengono spesi in modo corretto dalle Regioni, e ad aumentare i finanziamenti per la sanità privata, che si arricchisce spudoratamente sulle spalle degli infermieri e dei medici dipendenti, che attendono da quasi 20 anni il rinnovo del contratto, guadagnando sino al 47% in meno rispetto ai colleghi del pubblico».
«Non possiamo rassegnarci alla ormai lampante privatizzazione della sanità, e alzeremo la voce per portare anche i cittadini dalla nostra parte. In gioco non ci sono solo dei dovuti riconoscimenti per il personale sanitario, necessari ad impedire lo svuotamento degli ospedali; in gioco c’è la tutela della salute di tutti noi», concludono Di Silverio, Quici e De Palma.
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